Secondo l’indagine di Elma Research il 20 per cento dei malati non può più disporre di terapie approvate e rimborsate,

Oncologia: il tuo codice postale conta!

  Salute  

Il costo per gli spostamenti (32 per cento) e la mancanza di servizi di trasporto pubblico (27 per cento) sono i fattori più difficili da affrontare per i pazienti che si spostano per curarsi. Il 40 per cento delle persone con un tumore al seno o al polmone si sposta dal proprio comune di residenza per curarsi e il 20 per cento di quelle che non possono più disporre di terapie approvate e rimborsate non viene inviato a un trial clinico dal proprio oncologo, anche se idoneo, ma alle cure palliative a causa della distanza dei centri e della mancanza di trasporti agevoli.

Questi sono alcuni risultati emersi dalla survey condotta da Elma Research su un campione di pazienti e oncologi nell’ambito del progetto di Elma Academy “Il tuo codice postale conta”, che ha l’obiettivo di approfondire e quantificare la disparità di accesso alle cure oncologiche in relazione al luogo di residenza in termini di accessibilità ai trattamenti sperimentali e di proposta di tali opzioni da parte del clinico.

Questa indagine è il punto di partenza per cercare soluzioni per garantire un più equo accesso alle possibili opzioni terapeutiche per tutti i malati, partendo dai dati e attraverso il confronto tra Istituzioni, esperti e associazioni pazienti.

La Sen. Daniela Sbrollini, Vicepresidente della X Commissione Affari sociali, sanità, lavoro e previdenza sociale del Senato, ha dichiarato: L’Italia, sebbene presenti un quadro più omogeneo rispetto ad altri Paesi europei grazie alla presenza di un servizio sanitario nazionale di tipo universalistico, non è immune al problema delle disuguaglianze, e trovare soluzioni affinché ci sia equità di accesso per ogni malato deve essere prioritario.

Nel 2022, in Italia, il tumore più frequentemente diagnosticato è stato il carcinoma della mammella, con 55.700 casi, mentre quello al polmone è stata la seconda neoplasia più frequente negli uomini (15 per cento) e la terza nelle donne (12 per cento), con 43.900 nuove diagnosi. Se si guarda invece alla mortalità, nel 2021 il tumore del polmone è al primo posto (18 per cento di tutti i decessi per cancro), e quello al seno occupa il quinto posto (6,9 per cento).

Nonostante queste due neoplasie siano responsabili del decesso di una persona su 4 per cancro in Italia, l’accessibilità ai trial clinici, calcolato utilizzando come variabili l’incidenza della patologia, la distanza dai centri e il numero di studi sperimentali nel centro, risulta molto difforme nel nostro Paese. Per esempio, nel nord-est, nel centro e nelle isole ci sono delle ampie aree con bassa o media accessibilità, mentre nel nord-ovest ampie aree dove è alta, che si traduce in una disparità di possibili opzioni terapeutiche a seconda del luogo di residenza dei malati.

La survey, che ha coinvolto più di 200 oncologi, responsabili della gestione e del trattamento di pazienti con neoplasie polmonari e mammarie e oltre 200 pazienti, ugualmente distribuiti nelle due diagnosi, ha evidenziato infatti come il CAP, inteso come luogo di residenza, è a tutti gli effetti un criterio di scelta nella decisione dell’oncologo di includere o meno un paziente in uno studio clinico, tanto che si passa da una percentuale di non arruolamento, nonostante un quadro clinico idoneo, del 16 per cento nelle zone ad alta accessibilità, al 23 per cento in quelle a bassa. In particolare, è l’impatto che lo spostamento potrebbe avere sulla persona malata che influisce maggiormente nella decisione dell’oncologo. Infatti, il 65 per cento dei medici intervistati ha riferito che il costo e i fattori organizzativi sono motivazione di non invio, mentre per il 36 per cento è la distanza in termini di km e di tempo dal centro.

Luca Mazzarella, MD PhD, Group Leader, Laboratory of Translational Oncology, European Institute of Oncology, Department of Experimental Oncology, ha spiegato: Per alcuni pazienti gli studi clinici rappresentano l’unica opzione terapeutica e di possibilità di un miglioramento delle condizioni di salute e della qualità di vita», spiega «Ma di fronte a un quadro diagnostico idoneo per un determinato trial clinico, l’oncologo deve considerare anche una serie di elementi per un eventuale arruolamento, come l’onere di raggiungere il centro, il supporto di un caregiver per coloro che sono più fragili, la gestione della famiglia e altri aspetti della vita della persona che possano essere determinanti per poter sostenere e non interrompere la sperimentazione, mantenendo al tempo stesso una buona qualità di vita.

Costi legati ai trasferimenti e mancanza di servizi di trasporto pubblico sono i fattori più difficili da affrontare per i pazienti che hanno partecipato all’indagine (rispettivamente per il 32 e il 27 per cento). Anche la distanza dagli affetti e la fatica del distaccarsi (24 per cento) e gli impegni familiari e professionali (17 per cento) hanno un peso per coloro che sono obbligati a muoversi. Tuttavia, spostarsi a volte non è una scelta, soprattutto per chi vive in aree a bassa accessibilità, tanto che il 57 per cento ha riferito che lo fa per raggiungere centri riconosciuti come importanti e in grado di fornire le cure migliori e il 30 per cento per mancanza di centri in grado di fornire cure ed esami di cui ha bisogno.

Gabriele Grea, Academic Fellow Department of Social and Political Sciences presso Università Bocconi di Milano, presidente di Redmint impresa sociale, ha aggiunto: Dai dati che emergono da questa indagine, risulta chiaro che per migliorare l’accessibilità agli studi dobbiamo concentrarci sui concetti di “impatto dello spostamento” e “disponibilità di trasporto agevole”, lavorando sulla qualità dei servizi e la loro rispondenza rispetto ai bisogni degli utenti, che in quanto fragili hanno necessità specifiche. Da un lato potrebbe essere utile valutare la possibilità di attivare servizi flessibili e on demand guardando all’esperienza nell’ambito dei cosiddetti servizi NEMT, ovvero di trasporto sanitario programmato non urgente, dall’altro riflettere su possibili ottimizzazioni della distribuzione di trial sul territorio, dove possibile allineandoli alla localizzazione della domanda.

Massimo Massagrande, CEO Elma, ha dichiarato: Con questa indagine, indipendente e autofinanziata, abbiamo voluto raccogliere il punto di vista degli specialisti e dei loro pazienti per arricchire la conoscenza del tema e cercare delle soluzioni per garantire un più equo accesso alle possibili opzioni terapeutiche per tutti. In Elma Academy portiamo avanti diversi progetti in ambito sociosanitario per sensibilizzare tutti gli attori coinvolti, a partire dalle Istituzioni fino all’opinione pubblica su temi così delicati.

 Versione stampabile




Torna