Werner Bischof. Classics: fino al 7 gennaio 2020 a Lu.C.C.A.

26/11/2019

Werner Bischof è uno di quegli artisti predestinati, nati per diventare strumento di comunicazione di un “qui e ora” in costante mutamento. Artisti si nasce, professionisti si diventa e liberi di esprimere ciò che si sente ci si impone. La cosa da fare, una volta acquisita questa consapevolezza, è quella di scegliere lo strumento espressivo appropriato alle proprie caratteristiche e alla propria visione della vita. Bischof proverà la strada della pittura, ma i suoi programmi saranno bruscamente interrotti dal secondo conflitto bellico: nel 1939 andò a Parigi con l'idea di confrontarsi con alcuni dei migliori artisti del mondo, ma il momento storico non lo aiutava e la guerra in corso lo spinse a rientrare di tutta fretta nella sua Zurigo e a prendere in considerazione la fotografia.

Il papà era un fotografo dilettante e questo probabilmente, aveva destato la sua curiosità fin da bambino. La spinta decisiva, però, arrivò dalla formazione a Zurigo con Hans Finsler, artista fotografo che proponeva un linguaggio ottico differente dal consueto, e da Alfred Willimann, insegnante di arti grafiche, che gli trasmisero un approccio al mestiere legato alla consapevolezza tecnica, alla continua ricerca, a un atteggiamento etico unito a una disciplinata impostazione professionale che completavano perfettamente un uomo già dalla profonda onestà intellettuale e dal grande equilibrio.

Werner Bischof. Classics

Fino al 7 gennaio 2020

Lu.C.C.A. - Lucca Center of Contemporary Art

a cura di Maurizio Vanni e Alessandro Perna

Organizzazione: Lu.C.C.A. Museum - Omina

In collaborazione con: Magnum Photos - Werner Bischof Estate

In partnership con: Photolux

Con il supporto di: Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, Gesam Luce+Gas

Con il patrocinio di: Regione Toscana, Provincia di Lucca, Comune di Lucca, Camera di Commercio di Lucca, Confindustria Toscana Nord, Confcommercio Province di Lucca e Massa Carrara, Confesercenti Toscana Nord, Confartigianato Imprese Lucca

I sezione - Zurigo 1937-1945

II sezione - L'Europa e le conseguenze della guerra 1945-1950

III sezione - India 1951-1952

IV sezione - Giappone 1951-1952

V sezione - Corea 1951-1952

VI sezione - Hong Kong 1952

VII sezione - Indocina

VIII sezione - Nord e Sud America 1953-1954

Una vera e propria mostra antologica costituita da 105 scatti, con immagini che vanno dal 1937 al 1954, e divisa in otto sezioni, che farà riflettere lo spettatore sui primi lavori importanti nello studio di Zurigo - nudi femminili, studi di luce, indagini sulla natura e sulla spirale dei gusci della lumaca, ma soprattutto alcuni ritratti che mostrano un utilizzo inedito della luce e il suo grande interesse per i temi del sociale - fino a ripercorrere alcuni dei suoi grandi viaggi che lo porteranno in alcuni dei luoghi più affascinanti, remoti, devastati dalla guerra o esaltati dalla cultura indigena, dalla semplicità dei valori esistenziali e dalla forza della propria filosofia di vita. Dall'Europa all'India, dal Giappone alla Corea da Hong Kong, all'Indocina, da New York al Messico, a Panama, al Cile e al Perù: il percorso espositivo diviso in otto sale proietterà il visitatore negli anni della nascita di Magnum Photos, del foto-giornalismo e della presa di coscienza del professionismo nel mondo della fotografia, ma anche nel momento in cui Bischof, al culmine dalla sua carriera, vive una crisi personale legata, a suo dire, alla chiusura mentale delle riviste più importanti, interessate solo al sensazionalismo di alcuni scatti e mai alla profondità e alla ricerca di immagini in grado di indagare il rapporto tra l'uomo e la natura e tra l'uomo e se stesso. Lui si sente un artista, è un artista, e non può rispondere passivamente alle richieste dei committenti: meglio la totale libertà espressiva che sentirsi un inutile mercenario. Una scelta che gli farà perdere alcuni contratti, ma le foto “scartate” perché ritenute, allora, prevedibili e prive di originalità, gli apriranno la porta a riconoscimenti, mostre e pubblicazioni di prestigio. Un ricercatore di verità, un archeologo dei sentimenti umani, un narratore dello straordinario quotidiano, un appassionato di vita profonda e vera: sono questi gli elementi che ritmano la visita durante la quale la bellezza delle immagini si accompagna a inquadrature mai banali e fine a se stesse. Estetica e profondità di pensiero, ricerca e valori etici e morali, stupore e disagio, finito e infinito, bianco e nero, vita e morte: una magica ed esoterica unione degli opposti che trovano nella luce il fattore determinante per vedere tutte le cose da ottiche alternative.

Nel 1954, sulle Ande in Perù, incontrerà il ragazzo con il flauto - probabilmente il suo scatto più celebre - e la morte in seguito a un drammatico incidente stradale. Chi vive di emozioni e di stupori cerebrali non può temere la morte fisica, ma è terrorizzato dall'atrofizzazione dei sensi, se non utilizzati, e dallo smarrimento dell'anima se non sollecitata dalla luce. Bischof vivrà per sempre nella nostra mente grazie a buona parte di quegli scatti che non avrebbero dovuto esserci.