I AM NOT YOUR NEGRO di Raoul Peck

20/03/2017

Dal 21 marzo è al cinema I AM NOT YOUR NEGRO di Raoul Peck, scritto da James Baldwin. narrato da Samuel L. Jackson (Stati Uniti/Francia/Belgio/Svizzera 2016, 93 minuti). Premio Oscar - Nomination Miglior Documentario 2017 67° Berlinale - Panorama - Audience Award

Raccontato interamente con le parole di James Baldwin, attraverso il testo del suo ultimo progetto letterario rimasto incompiuto, I AM NOT YOUR NEGRO tocca le vite e gli assassinii di Malcom X, Martin Luther King Jr. e Medgar Evers per fare chiarezza su come l’immagine dei Neri in America venga oggi costruita e rafforzata.

Medgar Evers, morto il 12 giugno 1963.

Malcolm X, morto il 21 febbraio 1965.

Martin Luther King Jr., morto il 4 aprile 1968.

Nel corso di 5 anni questi tre uomini sono stati assassinati. Uomini importanti per la storia degli Stati Uniti d’America e non solo. Questi uomini erano neri, ma non è il colore della loro pelle ad averli accomunati. Hanno combattuto in ambiti differenti e in modo diverso, ma tutti alla fine sono stati considerati pericolosi perché hanno portato alla luce la questione razziale. James Baldwin si è innamorato di queste persone e ha voluto mostrare i collegamenti e le similitudini tra questi individui scrivendo di loro. E lo ha fatto attraverso lo scritto incompiuto Remember This House.

JAMES BALDWIN - James Baldwin è stato uno dei più grandi scrittori Nord-Americani della seconda metà del ‘900 e un brillante critico sociale in grado di prevedere rovinosi “trend” che oggi viviamo nel mondo occidentale e non solo, mantenendo senso di umanità, speranza e dignità. Ha saputo esplorare le complessità razziali, sessuali e le differenze di classe tanto evidenti quanto ignorate. Possedeva un’impareggiabile capacità di comprendere la storia, la politica e più di tutto la condizione umana. Ancora oggi le parole di James Baldwin colgono di sorpresa come un pugno allo stomaco. Difficile trovare qualcosa di così preciso, sottile e incisivo come gli scritti di quest’uomo. I pensieri di Baldwin sono ancora efficaci come il giorno in cui sono stati espressi per la prima volta. Le sue analisi, i suoi giudizi, i suoi verdetti, risultano più attuali di quando vennero scritti. Nel contesto odierno dell’America, la violenza e la confusione condannati da lui continuano, banalizzati e distorti dall’informazione, dai media, da Hollywood e dalla politica.

NOTE DI REGIA - Ho cominciato a leggere Baldwin all’età di 15 anni, quando ero un ragazzo in cerca di spiegazioni razionali alle contraddizione che stavo vivendo nella vita che mi aveva già portato da Haiti alla Francia, alla Germania e poi negli Stati Uniti d’America. Aimé Césaire, Jacques Stephen Alexis, Richard Wright, Gabriel García Márquez e Alejo Carpentier, James Baldwin è stato uno dei pochi autori che ho sentito “mio”. Uno di quelli che comunicavano in una lingua che riuscivo a comprendere, in cui non mi sentivo solo una “nota a margine”. Raccontava storie che descrivevano la Storia, definendo strutture e relazioni umane che combaciavano con ciò che potevo vedere intorno a me e a cui potevo fare riferimento. Storie che comprendevo perché venivo da una nazione, Haiti, che aveva una grande consapevolezza di sé, che aveva combattuto e sconfitto l’esercito più potente al mondo (quello di Napoleone) e che, unico esempio nella storia, ha fermato la schiavitù sul nascere, nel 1804, grazie alla prima vittoriosa rivolta degli schiavi al mondo, diventando il primo stato libero delle Americhe. Gli Haitiani hanno sempre conosciuto la vera Storia e hanno sempre saputo quanto diversa fosse da quella raccontata dal paese dominante. Il successo della Rivoluzione Haitiana è stato ignorato - come dirà Baldwin: “per via dei brutti/cattivi negri che eravamo” - perché avrebbe portato a una versione dei fatti completamente differente, in grado di rendere insostenibile la versione proposta dal mondo schiavista di quei tempi. Le conquiste coloniali del tardo 1800 non sarebbero state ideologicamente possibili se private della loro giustificazione “civilizzazionale”, una giustificazione inutile se il mondo avesse saputo che questi “selvaggi” Africani erano stati in grado di annientare le loro potenti armate (specialmente quelle francesi e inglesi) più di un secolo prima. Questo è esattamente il motivo per cui ho deciso di ricorrere a James Baldwin e alla sua capacità di analizzare le storie, per riuscire a collegare la vicenda di uno schiavo liberato nella propria nazione, Haiti, alla storia moderna degli Stati Uniti e alla propria dolorosa e sanguinosa eredità, la schiavitù. James Baldwin non ha mai terminato Remember This House e l’ambizione di questo film è quello di riempire in parte questo vuoto.