FOCUS ON LINE - RIVISTA N° 13, 2 novembre 2008

Cultura e società , Cinema, teatro e spettacoli vari

La Banda Baader Meinhof (Der Baader Meinhof Komplex)
Un film drammatico di Uli Edel, distribuito da Bim

Produttore e sceneggiatore, Bernd Eichinger, porta sul grande schermo il libro di Stefan Aust Der Baader Meinhof Komplex sul terrorismo della Raf (Rote Armee Fraktion), pubblicato nel 1985 e considerato, ancora oggi, il più completo testo di riferimento sulla guerra allo stato attuata dalla Rote Armee Fraktion. Il regista Uli Edel presenta i drammatici eventi che fecero vacillare le fondamenta della Repubblica federale tedesca dal ’67 all’autunno tedesco.

Negli anni Settanta, durante una manifestazione pacifica contro la visita di Stato dello Scià di Persia, Reza Pahlavi, e consorte, la polizia attacca duramente i manifestanti e spara e uccide lo studente Benno Ohnesorg. Ulrike Meinhof, moglie, madre e giornalista militante della sinistra radicale tedesca, che scrive articoli di fuoco contro l’intervento americano in Vietnam e in difesa degli studenti liquidati dal governo e dalla stampa come meri teppisti borghese e progressista, si unisce al gruppo armato guidato da Andreas Baader passando alla clandestinità.

Dopo l’incendio acceso in un magazzino di Francoforte, Ulrike (Martina Gedeck) conosce e intervista in carcere una delle responsabili: Gudrun Ensslin (Johanna Wokalek), figlia disinibita di un pastore protestante, madre di un figlio ripudiato e compagna di politica e di cuore di Andreas Baader (Moritz Bleibtreu). Affascinata dalla forza delle loro idee e della loro azione politica, la giornalista aiuta Gudrun a far evadere il suo compagno nella primavera del ‘70. L’evasione di Baader diventa l’atto di nascita della RAF (Rote Armee Fraktion) e avvia la clandestinità della Meinhof. Elaborato il manifesto programmatico del gruppo armato, la Meinhof segue i compagni nei campi militari palestinesi, dove verranno addestrati alle armi e alla guerriglia urbana. Baader, Meinhof e Gudrun, rientrati in patria, rapinano le banche e compiono attentati dinamitardi e omicidi per abbattere il capitalismo e lo “Stato maiale”. Inaugurano in questo modo dieci anni di piombo e sangue che li condurranno dritti all’inferno, condannandoli all’isolationsfolter e al suicidio collettivo nella divisione di massima sicurezza di Stammheim. Dietro di loro resteranno soltanto l’ottusità dogmatica e i troppi caduti incolpevoli. L’uomo che più li comprese fu anche il loro più irriducibile cacciatore, Horst Herald (Bruno Ganz), il capo delle forze di polizia che, se riuscì nella sua strenua caccia ai giovani terroristi, fu tuttavia consapevole che si trattava solo della punta dell’iceberg.

Il regista tedesco Uli Edel sintetizza, in due ore e mezza, la ventennale parabola della banda Baader Meinhof, nonostante i rischi insiti nel trattare un argomento spinoso ed ancora incandescente. Edel spettacolarizza fatti e personaggi, mettendo, apparentemente, in secondo piano le valutazioni storiche ed ideologiche, seguendo un approccio cronachistico, con qualche eccesso grottesco ed una certa superficialità delle psicologie.