BABYGIRL di Halina REIJN
C’era una volta Histoire d’O (Just Jaeckin, 1975), il film che ha sdoganato nel cinema “ufficiale” la figura della donna con fantasie di sottomissione che accetta volontariamente punizioni e umiliazioni dal suo amante. Era all’epoca una sorta di contrappasso in un momento storico in cui forse più forte si manifestava il women’s lib, la rivendicazione di autonomia e libertà anche sessuale delle donne.
Il tema è poi tornato altre volte sugli schermi, ad esempio con Secretary (Steven Shainberg, 2002) e la serie multicolore di 50 Sfumature, ma sempre in un contesto “tradizionale”, con il lui della coppia che è ricco, bello, maschio alfa, e quindi rende quasi naturale che la lei accetti un ruolo sottomesso.
Qui in BABYGIRL troviamo invece una situazione decisamente opposta, dove la protagonista Romy è una affermata dirigente d’industria e lui, Samuel, è un giovanotto appena entrato come stagista nell’azienda guidata da lei. Samuel è molto più giovane di lei e tanti gradi più sotto nella gerarchia aziendale, eppure Romy ne subisce talmente il fascino da caderne succube.
Già dalle sequenze iniziali abbiamo scoperto che la donna, sposata con un regista teatrale e con due figlie, ha una vita intima tanto insoddisfacente quanto è invece di successo quella professionale. Abituata a simulare orgasmi durante il sesso con il marito, subito dopo il rapporto mentre lui si addormenta lei va a vedere sul PC siti porno per raggiungere anche lei il suo piacere.
Il film racconta quindi del percorso psicologico e poi fisico che spinge Romy a riconoscere a Samuel un ruolo da padrone, fino a inginocchiarsi davanti a lui, sorbire del latte da una ciotola posata a terra, come un animale domestico, e presumibilmente altre forme di sottomissione.
All’inizio la donna cerca di tenere segreto questo rapporto, ben sapendo che se divenisse pubblico probabilmente sia la sua situazione professionale che familiare ne risulterebbero estremamente compromesse. Però, lavorando entrambi nella stessa azienda e a stretto contatto, nell’ambito professionale ben presto i colleghi si accorgono di quanto succede, e così pure i cambiamenti di comportamento e gli sbalzi di umore di lei la costringono a rivelare al marito l’esistenza della relazione, in un confronto acceso in cui lei gli rinfaccia apertamente di non avere mai provato piacere con lui.
La situazione sembra dunque senza via d’uscita per la povera Romy, allontanatasi da casa in crisi con il marito e le figlie, ma qui il film, con una giravolta sinceramente poco credibile, vira verso il lieto fine. Scopriamo infatti che dopo poco tempo Samuel è andato a lavorare altrove, il marito ha ripreso con sé Romy perdonandola ed ha anche imparato come soddisfare a letto le sue fantasie, e Romy continua a condurre la sua azienda con piglio manageriale. Si concede perfino il gusto di bacchettare un collega che, sapendo evidentemente dei suoi trascorsi, aveva tentato un approccio trattandola come una che ci sta con tutti.
Insomma BABYGIRL tratteggia una vicenda in cui alcuni aspetti sono inusuali, ma ormai presenti nella realtà: la donna di mezza età che si prende l’amante giovane (echi di MILF, cougar e toy boys); la persona di potere nel mondo aziendale che nel privato coltiva fantasie di sottomissione, proprio per rivendicare momenti di pausa in cui non devono prendere decisioni ma solo obbedire. Però una maniera così repentina e improbabile di sciogliere in modo indolore tutti i nodi che stavano avviluppando la vita di Romy risulta davvero forzata.
La regia è di Halina REIJN e gli interpreti principali sono Nicole KIDMAN, Antonio BANDERAS e Harris DICKINSON.
È in sala dal 30 gennaio 2025.
Ugo Dell’Arciprete