UN DIVANO A TUNISI: Un film di Manèle Labidi

16/10/2020

Ha ricevuto il Premio del pubblico - BNL People’s Choice Award 2019 il bel film Un divano a Tunisi, che affronta con realismo, ironia e coraggio il tema delle libertà femminili nell’attuale Tunisia, un paese arabo tra i più avanzati

Eppure Selma, una giovane psicanalista dal carattere forte e indipendente cresciuta a Parigi, avrà difficoltà e ostacoli, quando decide di tornare nella sua città d’origine, Tunisi, per aprire uno studio privato.

Ambiente, famiglia, amici cercheranno di scoraggiarla, mentre proprio i probabili pazienti dimostreranno di aver bisogno di lei.

Manèle Labidi, la regista, afferma che l'idea per questo film le è venuta il giorno in cui ha detto alla madre che era in analisi.

Una vera tragedia, come un ripudio della famiglia e della cultura acquisita, come un tradimento e una consegna a un estraneo.

Per una donna tunisina, musulmana e tradizionalista, la psicanalisi è inaccettabile.

Ecco quindi l’idea per il film sulla psicanalisi in Tunisia, che resta tuttora marginale, malgrado i tentativi di introdurla risalgano agli anni 1950. Selma decide di esercitare a Tunisi in modo da poter ascoltare gli abitanti della capitale incoraggiandoli ad esprimersi liberamente in un periodo in cui l'intero paese sta scoprendo e sperimentando per la prima volta la libertà di pensiero e di parola.

Le motivazioni inziali di Selma sono semplici e razionali: vuole portare la sua professionalità in un paese che ha appena vissuto una rivoluzione e sta iniziando ad aprirsi ma soffre di una carenza di psicoanalisti e psicoterapeuti per le classi operaie.

Ma Selma è tornata nel suo paese anche per fare i conti con il suo passato. Ristabilire il legame con la storia della sua famiglia, per arrivare a confrontarsi con essa, le sarà di aiuto per portare a termine il suo personale percorso terapeutico. Il ritorno alle origini inizia lentamente a scalfire la sua maschera. Scegliendo di esercitare la sua professione nella sua madrepatria, Selma cerca di rimediare alla sofferenza patita in silenzio da sua madre, sofferenza che l'ha portata a togliersi la vita. Ed è un aspetto di cui assumerà consapevolezza quando le sue aspirazioni saranno messe alla prova.

Il film coglie lo sviluppo del percorso di Selma in Tunisia.

È a suo agio con la sua androginia e ignora i codici della femminilità nordafricana. Rifiuta l'idea del matrimonio e della famiglia, canalizzando le sue energie nel lavoro. È soddisfatta di essere single all'alba dei quarant'anni, una donna solitaria che coltiva la solitudine.

Ma il mondo intorno è diverso e non la capisce, a parte un poliziotto più giovane di lei, che in teoria le è contrario, ma è attratto dalla ragazza.

Ciascuna delle persone con cui Selma entra in contatto ha una sua sofferenza, visibile o nascosta dietro una facciata.

La regista tratta l'argomento in chiave di commedia, sebbene le situazioni e i contesti siano spesso tragici.