IO C’È di da Alessandro Aronadio

03/04/2018

Dietro l’apparenza di una classica divertente commedia all’italiana, IO C’È presenta numerosi interessanti spunti di riflessione.

La trama è presto detta: Massimo Alberti (Edoardo Leo) è il proprietario del “Miracolo Italiano”, bed and breakfast un tempo di lusso e pieno di clienti, ma ormai prossimo alla bancarotta.

A provocare questo tracollo non è stata solo la crisi economica generale che ha colpito l’Italia negli ultimi anni, ma soprattutto la concorrenza sleale del vicino convento gestito da suore. Il pio istituto è sempre pieno di turisti, grazie al fatto che le religiose offrono rifugio in cambio di una “spontanea” donazione, naturalmente esentasse.

Massimo ha un’illuminazione: per sopravvivere deve trasformare il “Miracolo Italiano” in luogo di culto. E per farlo, deve fondare una sua religione.

Nasce così lo “Ionismo”, la prima fede che mette l’IO al centro dell’universo. Ad accompagnare Massimo nella sua missione verso l'assoluzione da tasse e contributi, la sorella Adriana (Margherita Buy), irreprensibile commercialista, e Marco (Giuseppe Battiston), scrittore senza lettori e ideologo perfetto del nuovo credo.

Alla fine Massimo, stanco del suo ruolo di santone della nuova setta, vorrebbe mettere fine alla storia, ma ormai lo Ionismo vive di vita propria e i suoi tentativi di raccontare come sia stata tutta una finzione si infrangono contro la fede incrollabile dei suoi adepti.

Come dicevamo, il film tratta in modo simpatico molte realtà di attualità. La finta religione dello Ionismo richiama le tante sette che da tempo raccolgono seguaci soprattutto tra i giovani disillusi dalle religioni tradizionali ma bisognosi di una guida spirituale, di qualcosa in cui credere. La trovata di Massimo Alberti non è alla fine molto dissimile da quello che fece Ron Hubbard quando fondò Scientology, e tanti sono convinti che anche lui come Massimo non era affatto guidato da una ispirazione etica ma da molto terrene motivazioni economiche.

Non più tenera è la critica al comportamento della religione più tradizionale che ci sia, almeno in Italia, ossia quella cattolica. Lo scandalo delle agevolazioni fiscali sfruttate dalle istituzioni cattoliche per mascherare come attività di culto iniziative assolutamente commerciali è stato spesso all’onore delle cronache. Dall’esenzione totale di una volta il Governo italiano è riuscito alla fine faticosamente a limitare la facilitazione ai locali destinati al culto, ma basta aprire una cappella in quello che in realtà è un albergo per rendere l’intero complesso esentasse.

Altro spunto interessante di riflessione è quello legato al fenomeno del politically correct in ambito religioso, quello in base al quale ogni tanto qualche scuola decide di non fare il presepio a Natale per paura di turbare la sensibilità dei bambini di una diversa fede religiosa. In una società che con la globalizzazione sta diventando sempre più multiculturale le fedi cominciano ad essere talmente tante che per evitare contestazioni l’amministrazione pubblica sembra disposta (o almeno così il film lascia capire) a riconoscere a chiunque l’attestazione di aver fondato una religione ufficiale, purchè esista almeno un luogo di culto e un numero minimo di fedeli.

Naturalmente poi alla base di tutto c’è l’eterno tema dello sport nazionale italiano, l’evasione delle tasse. In un paese con oltre cento miliardi di euro di redditi nascosti al fisco una vicenda come quella di Massimo Alberti è tutt’altro che irrealistica, anzi c’è da chiedersi se la visione del film non invogli davvero qualcuno a inventarsi il proprio “-ismo”.

Il film, diretto da Alessandro Aronadio, è interpretato da Edoardo Leo, Margherita Buy, Giuseppe Battiston, Massimiliano Bruno, Giulia Michelini.

Il film è in sala dal 29 marzo.

Ugo Dell’Arciprete