Torino, Festival del Giornalismo Alimentare: partecipa anche Barilla Center for Food & Nutrition

22/02/2018

Il Barilla Center for Food & Nutrition partecipa al Festival del Giornalismo Alimentare, in corso a Torino da oggi al 24 febbraio 2018, in 3 diversi appuntamenti, per parlare di come il cibo, con la sua trasversalità, sia l’elemento chiave per raggiungere i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda ONU. Si parla anche del Food Sustainability Media Award e del ruolo centrale che il giornalismo e i media giocano nel raccontare le sfide che i paradossi del nostro sistema alimentare ci impongono di superare. Si parla, infine, del ruolo del cibo nel processo migratorio dell’area Euro-mediterranea e del mondo in generale che spinge 1 miliardo di persone a lasciare il proprio Paese.

Il cibo è l’elemento più trasversale sul quale intervenire per rendere il nostro sistema di vita finalmente sostenibile e raggiungere i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 dell’ONU.

Qualche esempio? Quando si parla di “obiettivo zero fame” s’intende ripensare un sistema che ha portato, nel mondo, 1 persona malnutrita o che non accede al cibo per ogni 2 persone sovrappeso o obese. Quando si chiede di perseguire una “vita sana per tutti” dobbiamo considerare che, anche in Italia, patria della Dieta Mediterranea, il progressivo allontanamento da modelli alimentari sani ha reso sovrappeso o obeso (36,8%) 1 ragazzo su 3 (tra i 5 e i 19 anni). E anche a livello ambientale, quando si chiede di “tutelare l’acqua” si deve ricordare che, in media, il 70% del prelievo totale di acqua dolce è destinato all’irrigazione (mentre l’industria ne consuma “solo” il 22%).

Il cibo, per la sua trasversalità, svolge un ruolo fondamentale nel centrare gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’ONU - spiega Luca Di Leo, Head of Media Relations del Barilla Center for Food & Nutrition - ma molte persone nel mondo non ne sono ancora pienamente consapevoli. Per questo, insieme alla Fondazione Thomson Reuters, abbiamo ideato il Food Sustainability Media Award, per incoraggiare i media a raccontare il cibo al di là del semplice gusto e a mettere in evidenza i paradossi del nostro sistema alimentare proponendo soluzioni concrete per superarli.

Il cibo, insomma, è il trait d’union che, anche sul piano geopolitico, gioca un ruolo centrale nei processi migratori a cui stiamo assistendo. E’, infatti, la sua mancanza a spingere circa 1 miliardo di persone a “cambiare Paese” dove vivere, tra chi lo fa all’interno dei propri confini nazionali (760 milioni di persone) e chi sceglie un Paese diverso da quello dove è nato (244 milioni). Ogni punto percentuale di aumento dell’insicurezza alimentare costringe l’1,9% della popolazione a spostarsi, mentre un ulteriore 0,4% fugge per ogni anno di guerra. Un’insicurezza alimentare generata, soprattutto, dai cambiamenti climatici, che rendono impossibili le coltivazioni e la produzione di cibo in alcuni Paesi. Quegli stessi cambiamenti climatici fortemente influenzati dal modo in cui produciamo il cibo nel resto del Pianeta. Sono questi i dati nell’indagine dal titolo Food & Migration. Understanding the geopolitical nexus in the Euro-Mediterranean, condotta da MacroGeo per il Barilla Center for Food & Nutrition (BCFN) in collaborazione con la Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC). Il report sarà presentato domani, 23 febbraio nel corso dell’incontro “Agricoltura e cambiamenti climatici: i campi non sono più gli stessi.

Il Festival del Giornalismo Alimentare rappresenta anche un momento cruciale per tornare a parlare del Food Sustainability Media Award, il premio giornalistico realizzato da BCFN insieme alla Fondazione Thomson Reuters. Del Food Sustainability Media Award si parla in due appuntamenti: oggi pomeriggio nel corso dell’incontro “Le mille facce del Food Writing” al quale partecipa Silvia Landi, vincitrice della Prima Edizione per la categoria “Foto Inedite” e domani, 23 febbraio, nel pomeriggio nel panel sul legame tra cibo e giornalismo economico che vedrà la presenza di Luca Di Leo, Head of Media Relations di BCFN.

Nato per premiare chi propone soluzioni concrete per rendere più sostenibili le nostre scelte in fatto di cibo, il Food Sustainability Media Award ha l’obiettivo di far luce rispetto ai tre paradossi che interessano il sistema alimentare mondiale (fame vs obesità, cibo vs carburante, spreco vs Fame). Il premio, rivolto a giornalisti, blogger, freelance e talenti emergenti, si divide in due categorie: giornalismo scritto e multimedia (video - corti e animazioni - audio e foto).

Ma il Festival di Torino, come detto, sarà anche il palcoscenico per parlare dei flussi migratori e del ruolo che il cibo sta giocando nel quadro geopolitico del Pianeta. Secondo lo stesso studio MacroGeo - BCFN, infatti, l’Europa mediterranea resta un hub di scambio fondamentale nel processo migratorio: dal 2010 al 2015 sono passati per vari Paesi in Europa Centrale ben 5,4 milioni di persone e 4,5 milioni nell’Europa mediterranea. Eppure il legame tra cambiamenti climatici e migrazioni rischia di portare a nuovi fenomeni migratori, che potrebbero vedere quelli che oggi sono i Paesi di destinazione di migranti - come l’Europa, appunto - in luoghi da cui sarà necessario emigrare. E’ quanto emerge da “Climate change and human migrations”, capitolo realizzato dalla Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatico inserito all’interno del rapporto MacroGeo. Il paper analizza come il bacino del Mediterraneo sia un “hotspot” del cambiamento climatico, ovvero un’area particolarmente vulnerabile a questo tipo di fenomeno. Dalle analisi svolte ci si aspetta, in concomitanza con estati che riscaldano ad un ritmo del 40% superiore a quello globale, una diminuzione delle precipitazioni nel breve (2025) e medio (2050) termine dal 2 al 7%, contro un aumento previsto sul globo tra l'1 e il 4%. Questo significa che in futuro, nella regione del Mediterraneo i cambiamenti climatici e la variabilità climatica potrebbero portare a un riscaldamento di 0.7°C nel giro dei prossimi vent’anni, per raddoppiare entro il 2050. Lo studio conferma quindi che anche i Paesi europei saranno sensibilmente colpiti dai pericoli climatici, causa di impatti sulle filiere alimentari e sulle risorse idriche. E se i Paesi del Mediterraneo non saranno in grado di adattarsi ai cambiamenti climatici, le rese agricole diminuiranno nelle regioni più meridionali, mentre tali condizioni potrebbero avere il potenziale di aumentare l’idoneità per la coltivazione di nuove colture nelle aree più a nord del bacino del Mediterraneo. Insomma, un contesto che nella sua complessità può anche rappresentare un’opportunità per il “Vecchio Continente”.