Per affrontare le sfide della sostenibilità

il primo progetto di ricerca di One Ocean Foundation “Business for Ocean Sustainability”

  Ambiente, Igiene e Sicurezza  

Il mar Mediterraneo genera €386 miliardi e circa €4,8 milioni di posti di lavoro 1 impresa su 3 è consapevole dell’impatto ambientale che esercita sull’ecosistema marino

Presentato il primo progetto di ricerca di One Ocean Foundation “Business for Ocean Sustainability” con il supporto di SDA Bocconi, McKinsey & Company e CSIC insieme alle imprese per affrontare le sfide della sostenibilità

Gli oceani hanno un impatto determinante sulla crescita economica al punto che, se la Blue Economy fosse un Paese, con i suoi $3.000 miliardi di valore complessivo sarebbe la settima economia più grande al mondo.

Tuttavia, le pressioni dirette e indirette generate dalle attività produttive stanno mettendo fortemente a rischio la salute dei nostri mari, compromettendo anche le molteplici possibilità di creare valore economico e sociale.

Come valorizzare il potenziale degli ecosistemi marini e costieri creando nuove opportunità di business in maniera sostenibile? Questo il quesito indagato dal primo progetto di ricerca Business for Ocean Sustainability, commissionato da One Ocean Foundation - realtà dedicata alla salvaguardia dei mari nata da un’idea dello Yacht Club Costa Smeralda (YCCS) - in ottica di definire linee guida e best practice per le aziende circa le sfide della sostenibilità.

Il report - realizzato in collaborazione con SDA Bocconi, McKinsey & Company e CSIC (The Spanish National Research Council) - ha coinvolto più di 220 aziende nazionali e internazionali, start-up, associazioni e ONG appartenenti a 13 settori industriali, per un fatturato totale di quasi €1.000 miliardi, pari circa al 15% del PIL italiano . Lo studio ha preso in esame le relazioni esistenti tra la sostenibilità degli oceani e l’economia da una prospettiva inedita, focalizzata sulla consapevolezza, le strategie e le pratiche più innovative adottate dalle imprese.

Incentrata, in questa prima edizione, sul mar Mediterraneo ma dalle potenzialità cross-border, la ricerca ha avuto come perimetro d’analisi un mare che è stato la sede delle culture più antiche del mondo, tradizionale crocevia di rotte marittime e civiltà. La regione, infatti, oltre a rappresentare uno dei più importanti e delicati ecosistemi del pianeta in termini di biodiversità, rappresenta una ricchissima risorsa economica. Per dare un ordine di grandezza, il mar Mediterraneo favorisce lo sviluppo di un fatturato annuo dei settori legati al mare pari a €386 miliardi, con €205 milioni di valore aggiunto lordo e circa 4,8 milioni di posti di lavoro.

Il mare fornisce benefici insostituibili, spesso minati dalle pressioni, che in maniera diretta o indiretta, le imprese esercitano sugli ecosistemi marini. L’integrità dei fondali, delle acque e della biodiversità marina è messa a rischio dalla pesca a strascico, dallo sfruttamento delle risorse naturali e dall’inquinamento di agenti contaminanti scaricati o sversati accidentalmente nelle acque così come da metalli pesanti, plastiche e microplastiche. Il quadro che ci si presenta è allarmante, ma qual è il livello di consapevolezza di ciò e, conseguentemente, di azione?

Dalle evidenze della ricerca presentata emerge che circa il 35% delle imprese è consapevole delle pressioni esercitate sugli ecosistemi marini dai settori industriali di cui fanno parte. In particolare, le criticità più note sono quelle promosse da movimenti di opinione, ad esempio l’inquinamento da plastiche e microplastiche, mentre la consapevolezza inerente alle pressioni indirette o fenomeni meno evidenti, come lo sfruttamento eccessivo delle risorse marine o gli effetti sulla biodiversità, è più limitata. Oltre al livello di consapevolezza delle imprese, un altro elemento chiave riguarda l’adozione di azioni coerenti messe in atto dal 34% delle aziende: i sustainability leader.

Più consapevoli e attivi e guidati da motivazioni etiche e strategiche, i sustainability leader rappresentano circa 1/3 del campione in esame e sono presenti nella maggior parte dei settori, sia relativi all’oceano (trasporto marittimo, attività portuali, cantieristica navale), che non (energia, utility, tessile e abbigliamento, prodotti chimici, alimentari e bevande).

L’innovazione tecnologica ha un impatto decisivo nella riduzione delle pressioni sugli ecosistemi marini e costieri. Fonti di energia più pulita, nuovi materiali e tecnologie digitali, di automazione e di monitoraggio e controllo sono i tre cluster, individuati dal report, che insieme a reti e iniziative che riuniscono imprese e stakeholder riescono ad apportare i maggiori benefici in termini di riduzione dell’impatto ambientale. La collaborazione è, infatti, un fattore chiave per identificare soluzioni tecnologiche in grado di affrontare le problematiche dei mari, favorendo l’adozione e la diffusione di tecnologie più pulite.

Gli oceani sono una fonte di risorse fondamentali per la nostra sopravvivenza e benessere e saranno sempre più indispensabili per affrontare molte delle sfide globali dei prossimi decenni, come la sicurezza alimentare, i cambiamenti climatici e la generazione di energia pulita. Al contempo, ci offrono numerose opportunità, a oggi ancora poco esplorate. Proteggere la salute dell’oceano e la vita marina è quanto si propone l’Obiettivo 14 fissato dall’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite e lo sviluppo di una Blue Economy sostenibile e virtuosa può contribuire a raggiungerlo.

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