Una scoppiettante sequenza di gag surreali, ma non solo

Omicidio all’italiana di Maccio Capatonda

  Cultura e società   

Dopo Italiano medio, Maccio Capatonda e la sua banda tornano sui grandi schermi con questo Omicidio all’italiana, che si potrebbe anche chiamare Omicidio alla molisana, visto che si svolge quasi integralmente nel ristrettissimo mondo di uno sperduto paesino degli Appennini, dal quale il capoluogo Campobasso è percepito come le nuove colonne di Ercole e Roma è considerata una città estera.

Maccio e il tradizionale partner Herbert Ballerina impersonano due fratelli rispettivamente sindaco e vicesindaco del paesino dal fantasioso nome di Acitrullo, che ormai ospita solo una dozzina di vecchietti, dato che tutti i giovani sono emigrati in cerca di lavoro.

Nel paesino c’è però anche la dimora avita dei vecchi signorotti della zona, dove vive ancora una malandata contessa con la sua governante. Una sera la contessa a cena muore soffocata da un boccone e i due fratelli, che casualmente erano presenti all’avvenimento, decidono di mascherare la morte accidentale come omicidio in modo da attirare l’attenzione dei media e del pubblico su Acitrullo, favorendone così la rinascita economica.

Il piano procede in effetti come sperato, grazie all’invadenza dei talk show giudiziari, alla morbosa curiosità della gente e a una macchietta di commissario di polizia, non si sa se più imbecille o più sedotto dalla voglia di apparire in televisione. Quando ormai alla fine il clamore mediatico si spegne e Acitrullo torna alla sua desolata solitudine, un colpo di scena finale ci fa scoprire la verità sulla morte della contessa, grazie ad una intelligente ispettrice di polizia, unico personaggio del film che mostra una normale razionalità.

Questa è in breve la trama, ma il film naturalmente non si presenta come un poliziesco bensì come un film prima di tutto comico, anche se, nella migliore tradizione della satira, molte risate nascono dalla presa in giro dei tanti difetti degli italiani.

Vedasi in primis il gusto macabro di seguire tutti gli sviluppi dei più efferati casi di cronaca, che hanno reso famosi i nomi di Cogne, Avetrana o Novi Ligure, e che ispira appunto il sindaco e il vice a inventare un inesistente omicidio. Il personaggio interpretato nel film da Sabrina Ferilli è un mix di Barbara D’Urso, Federica Sciarelli e del Bruno Vespa con i suoi modellini in scala della scena del delitto a Porta a Porta.

Ma elencare qui tutti i gustosi riferimenti inseriti nel film sarebbe troppo lungo, dalla mania per i selfies alla fiducia cieca nelle informazioni trovate su Internet, dallo sciacallaggio dei tour operator che organizzano visite ai luoghi dei casi più famosi di cronaca nera agli insopportabili risponditori telefonici automatici che prima di darti il contatto che cerchi ti fanno passare per una serie interminabile di “Per fare questo digita uno, per quest’altro digita due, eccetera”.

Altra componente essenziale del divertimento è il linguaggio stralunato usato da Maccio e Herbert, un linguaggio che lo stesso regista qualifica come “terronese”, a indicare un mix dei dialetti usati dai “cafoni”, come venivano chiamati al tempo del regno delle due Sicilie i contadini e pastori abruzzesi e molisani.

Questo linguaggio si presta a continui giochi di parole, di cui l’esempio più spassoso è forse l’episodio in cui il trasporto della statua di un santo si blocca, e l’esclamazione “Si è inceppato” diventa una invocazione a un presunto San Ceppato, immediatamente assurto a santo patrono di Acitrullo. Ma le gag sono veramente tante, e assicurano un’ora e mezzo di vero spasso.

Il film, diretto da Maccio CAPATONDA (Marcello Macchia), è interpretato dallo stesso regista, da Herbert BALLERINA (Luigi Luciano), Sabrina FERILLI, Nino FRASSICA, Gigio MORRA, Roberta MATTEI, Ivo AVIDO (Enrico Venti), Fabrizio BIGGIO, Antonia TRUPPO. È in sala dal 2 marzo.

Ugo Dell’Arciprete

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