Il sovrano indiscusso del ‘Fassa fuori menu’ è stato il puzzone di Moena

Sua maestà il puzzone di Moena

  Food and beverage  

Un formaggio dal gusto deciso ma non invasivo, che gli chef della zona hanno declinato in mille modi. Polenta al puzzone, ravioli di segale e spinaci in crema di puzzone, frittelle di puzzone.

Alla base di questo formaggio - e della sua incidenza sull’identità stessa della zona - c’è la storia di un odore, o di un profumo (che dir si voglia).

Sembra un controsenso, ma la realtà è questa: il puzzone non puzza, è semplicemente caratterizzato da un aroma tutto suo, che viene creato ad hoc.

Al Caseificio Sociale di Predazzo, la storia del puzzone viene raccontata passo passo: dalla raccolta del latte - che viene cotto ma non pastorizzato - all’aggiunta del caglio e del latte a innesto, fino alla stagionatura che va da un minimo di 90 giorni a un massimo di 7 mesi.

Ma la storia del puzzone non finisce qui. La ciliegina sulla torta è infatti la cosiddetta ‘lavatura’. La crosta delle forme di puzzone, viene passata più e più volte a intervalli regolari con uno straccio imbevuto di acqua tiepida. La ripetizione del procedimento crea una patina leggermente unta che sigilla la crosta impedendo al formaggio di ‘respirare’ ed evitando la naturale dispersione di determinati agenti.

E’ a questo tocco da maestro che il puzzone deve il sapore e l’aroma che lo contraddistingue. E il nome, allora? Da cosa deriva? Il puzzone - come dicevamo - non puzza, ma il malgaro che lo creò (a quanto dicono) si lavava molto poco. Tanto che la gente del luogo, lo chiamava impietosamente ‘il Puzzo’.

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