Turismo senza confini: i bisogni dell’accessibilità

Osservatorio Europcar: gli stili di vacanza degli italiani

  Turismo d’autore  

Il primo e più rilevante dato che emerge dall’undicesima edizione dell’Osservatorio Europcar che ogni anno, con l'Istituto di ricerca Doxa, fotografa gli stili di vacanza degli italiani, è che quasi dieci milioni, il 16,4 % delle famiglie italiane, riscontrano in vacanza problemi di accessibilità: è un esercito di turisti che se trovassero servizi adeguati - secondo le stime elaborate dal Prof. Nicola Fabbri dell’Università Bocconi di Milano - genererebbero un impatto diretto sul PIL di 11,7 miliardi di euro (0,74% di quello nazionale) e una spesa indiretta incluso l'indotto di 27,8 miliardi di Euro (1,75% del PIL).

Nella ricerca “Turismo senza confini: i bisogni dell’accessibilità” - effettuata tra aprile e maggio 2015 tramite interviste telefoniche ad un campione nazionale rappresentativo della popolazione italiana adulta di 15 anni e oltre, attuata con il sistema Computer Assisted Telephone Interview (CAT), sono state prese in considerazione per la prima volta nel nostro Paese - seguendo gli studi commissionati dalla UE sul tema - non solo i senior e le persone con disabilità motorie o sensoriali, ma anche categorie come i malati cronici, i turisti che viaggiano con i loro animali domestici e le famiglie numerose e con bambini piccoli.

Nel dettaglio, il valore relativo ai turisti con disabilità e ai senior con problemi di accessibilità sono sostanzialmente in linea con quelli europei e sono un numero decisamente consistente, pari a 4,2 milioni di persone (2,8 i senior e 1,4 circa i turisti con disabilità). Ma il dato più sorprendente dalla ricerca Doxa Europcar è il peso delle famiglie numerose e con bambini piccoli, nonché quello dei turisti con animali al seguito che rappresentano oltre il 50% della richiesta di accessibilità. La prima categoria è in realtà composta da un esercito di 3,8 milioni di persone, mentre i proprietari di pet, spesso neppure considerati tra i target “accessibili” veri e propri, da 1,8 milioni. Anzi è proprio chi si muove con bambini piccoli (74%), i nuclei numerosi (85%), i padroni di cani e gatti (78%) a lamentare di aver riscontrato atteggiamenti di incomprensione, se non proprio ostili durante le loro vacanze.

Sono dati in buona parte inaspettati e che hanno implicazioni economiche assolutamente notevoli.

Durante le numerose interviste è stato chiesto alle famiglie se oggi o in passato avessero avuto esigenze particolari, durante il viaggio o a destinazione, dovute alla presenza di bambini piccoli, persone anziane, malati cronici, persone con disabilità per ridotta capacità motoria o sensoriale, animali domestici o esigenze di una famiglia numerosa.

Il 16,4% delle famiglie italiane dichiara dunque di avere, in vacanza, esigenze di infrastrutture per i bambini (31%), assistenza sanitaria (27%), mentre il 23% richiede una specifica accessibilità alle strutture e il 22% la richiede durante il viaggio o gli spostamenti; una percentuale importante, il 21%, richiede, infine, infrastrutture per animali. Spicca la richiesta di assistenza sanitaria che è espressa da tutti i target, non solo da malati cronici, anziani e disabili: non è un problema di malasanità, ma l’evidenza di un sistema pensato sostanzialmente per i residenti e non per il turista con esigenze di accessibilità, basti pensare alla difficoltà per avere prescrizioni di medicinali o di visite al di fuori dalla propria regione. Nonostante l’attenzione del marketing turistico negli ultimi anni, spesso le infrastrutture e i servizi e per i bambini vengono dichiarati nelle strutture ricettive ma poi sono solo nominali. Lo stesso vale per le persone che viaggiano con i propri animali. Diversa è la condizione dei turisti con disabilità: oltre all’assistenza sanitaria, vi è ancora un serio problema di abbattimento delle barriere architettoniche e di organizzazione dei percorsi di spostamento, anche se molto è già stato fatto in questa direzione.

E’ interessante notare che il 5% delle famiglie italiane dichiara di aver avuto esigenze specifiche in passato, ovvero, possono esserci necessità temporanee, a ulteriore conferma di quanti sostengono che l’accessibilità non deve essere considerata un turismo di nicchia - per una nicchia di società che va tutelata - ma deve essere comple­tamente trasversale a tutti i turismi.

Spesso è proprio all’inizio del viaggio che si incontrano i primi problemi. A pagare il prezzo più alto dell’insoddisfazione per la mancanza di un supporto adeguato da parte dei vettori è il treno (46% degli intervistati si dichiara per nulla o poco contento) che paga però, anche le carenze infrastrutturali di molte stazioni con ancora troppi gradini, dislivelli e passaggi stretti di vario genere, nonostante gli indubbi sforzi di ammodernamento. Passa l’esame nel complesso l’aereo (bocciato solo dal 18% degli intervistati) con un 56% di gradimento.

Una volta giunti a destinazione, su cosa dovrebbero concentrarsi principalmente gli operatori turistici? Per prima cosa sull’eliminazione delle barriere architettoniche, richiesta dal 63% degli intervistati: un tema che non riguarda esclusivamente i portatori di disabilità fisiche o sensoriali (76%) e i senior (73%), ma anche i malati cronici (74%), le famiglie con bambini piccoli (59%) e, dato abbastanza sorprendente, anche chi viaggia con animali (67%). Il problema non si pone solo in termini di accessibilità a strutture culturali, alberghiere o di ristorazione ma anche è soprattutto come percorsi interni alla destinazione. Spesso nelle destinazioni si trovano strutture accessibili ma percorsi di collegamento che non lo sono. Al secondo posto sul monitoraggio della reale esistenza e qualità dei servizi offerti (lo chiedono il 77% dei malati cronici, il 74% delle famiglie con più bambini e il 68% delle persone con disabilità) e, a seguire, sulla formazione degli operatori, intesa non solo come competenza e preparazione per affrontare problemi specifici, ma anche come capacità di fornire indicazioni utili e aggiornate sulla accessibilità di un museo o sulla presenza di uno spazio giochi per bambini nell’albergo, fino ad arrivare alla richiesta di guide specializzate (55%).

Emerge con forza l’importanza dell’informazione quale fattore abilitante dell’accessibilità. Tutti i target presi in esame chiedono informazioni specifiche per l’organizzazione delle vacanze: e se internet in generale (64%) e i siti di enti pubblici nello specifico (40%) restano le fonti privilegiate e più utili, è forte il valore del passaparola tra amici e parenti (39%) soprattutto per la sua capacità di veicolare e di trasmettere quella componente immateriale del servizio che riguarda in genere l’accoglienza e che si traduce in cortesia, attenzione, professionalità degli operatori.

È significativa, invece, la tendenza a cambiare completamente luogo di vacanza (39%), segno non tanto o non solo di insoddisfazione ma di ricerca continua di situazioni sempre più confortevoli o adatte ai propri bisogni. In ogni caso, il cliente con esigenze di accessibilità non si fidelizza facilmente ma, al contempo, può diventare a sua volta un ottimo veicolo di affidabilità e riconoscibilità. Sono soprattutto le famiglie numerose a cambiare località (51%), seguono, ma ben distaccati, i proprietari di pet (40%) e le famiglie con bambini piccoli (38%); più fedeli, comprensibilmente, le persone con disabilità (45%) e i malati cronici (41%), che tornano più facilmente dove sanno di poter contare su assistenza e strutture senza barriere.

Nell’anno di Expo, non poteva mancare nell’Osservatorio Europcar una sezione dedicata alla manifestazione milanese: il 22% delle famiglie con particolari esigenze legate al turismo ha già svolto una ricerca sulla possibilità di visitare i padiglioni senza particolari problemi - ricavandone un’opinione positiva o molto positiva nel 59% dei casi - mentre il 41% dichiara che farà una visita sicuramente o molto probabilmente (in linea con il dato generale del 42 % della popolazione italiana).

Un altro macro-dato che emerge dalla ricerca Doxa per Europcar è il giudizio mediamente positivo sull’Italia, che si difende anche a livello internazionale. Sebbene l’offerta turistica sia ancora deficitaria sull’accessibilità, per quasi la metà degli intervistati (49%) nel nostro Paese è cresciuta l'attenzione su questi temi (solo il 15% dice il contrario) e il confronto con l'estero non ci penalizza: per il 20% l'Italia è meglio, per il 38% la situazione è più o meno uguale. I servizi specializzati sono cresciuti in qualità per il 55% delle famiglie con bambini piccoli, per il 52% delle persone con qualche disabilità e per il 50% degli anziani e dei proprietari di pet. Più severo il giudizio delle famiglie numerose che dicono che tutto è uguale al passato per un complessivo 61%.

Nel nostro Paese sta sicuramente aumentando attenzione all’accessibilità ma, a fronte di un miglioramento sui servizi dedicati ai vari target, persiste un problema di organizzazione che necessita di un sistema che coordini tutto e che non può essere affidato alla discrezione dei singoli operatori (anche se molto è ancora doveroso fare sulla formazione degli addetti delle imprese turistiche).

E’ un tema di diritto alla vacanza per tutti ma anche di interesse strategico visto l’enorme potenziale per il nostro Paese: il turismo accessibile inteso per tutte le categorie prese in esame vale, secondo stime altamente prudenziali, una spesa complessiva diretta 11,7 miliardi di Euro (pari allo 0,74% del PIL nazionale) e una spesa indiretta incluso l'indotto di 27,8 miliardi di Euro (1,75% del PIL) che salirebbe a ben oltre 30 miliardi solo considerando gli accompagnatori per ogni turista con disabilità o senior con problemi di accessibilità.

Cominciano a vedersi i risultati delle disposizioni di legge - ad esempio sull’abbattimento delle barriere architettoniche - e si moltiplicano i servizi e i contenuti di reale supporto alla vacanza, ma mancano ancora gli elementi di collegamento. In altre parole manca un destination management complessivo in grado di organizzare i servizi esistenti e di descrivere per ogni località i “percorsi interni” fruibili da tutti i turisti con problemi di accessibilità. Il destination management porterebbe un ritorno straordinario anche perché è da sottolineare che molte attività non richiedono grossi investimenti: è più un problema di organizzazione che spesso, come già sottolineato, si basa innanzitutto sulla creazione di un’adeguata comunicazione. Valga l’esempio degli spostamenti in loco (incluso l’accesso ai centri storici) e dell’organizzazione dei parcheggi - l’informazione di accessibilità più importante per il 59% del campione - che possono essere effettuati con investimenti relativamente bassi.

In Italia si è lavorato molto sulla componente “hard” - e l’Osservatorio Europcar rileva la sensibile percezione del miglioramento - ma adesso è necessario procedere parimenti nella componente “soft”, dando spazio al coordinamento dei servizi.

In ogni caso, accanto all’informazione accessibile, sarà la formazione a fare la differenza nel turismo dell’accessibilità e avanzando su questa linea di investimento il nostro Paese potrà nel volgere di pochi anni allinearsi ai Paesi europei più avanzati in tema di accessibilità (Francia, Germania e UK) e cogliere un mercato potenziale che ha numeri di enorme portata a livello internazionale e che nel 2020 sarà uno dei driver assoluti della domanda turistica internazionale.

Info, ricerca: www.doxa.it.

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