Grande cast con tanti tra i più noti ed amati attori italiani per questo film che si propone, come da tradizione, di riempire le sale durante le vacanze di Natale 2013 (e possibilmente anche dopo). La prima impressione è quindi quella di trovarsi di fronte al classico cinepanettone, della serie che ormai da molti anni imperversa nei cinema italiani sotto Natale.
Occorre però riconoscere che negli ultimi tempi il genere è decisamente migliorato, puntando molto più sulla comicità pulita e sugli aspetti sentimentali, ed evitando il ricorso a donnine discinte e comicità greve (turpiloquio, rutti, peti e compagnia varia). Indovina chi viene a Natale rispecchia perfettamente questa evoluzione, configurandosi come un film senz'altro adatto ad una visione con i bambini (che rischiano al massimo di prendere il cattivo esempio dai due bimbi presenti nel cast, autori di perfidi scherzi al povero Bisio).
Protagonista è una grande famiglia che si riunisce per festeggiare il Natale insieme alla madre, fresca vedova inconsolabile. Tra legami affettivi che nascono, vanno in crisi, sembrano finire ma alla fine si riconciliano (e non poteva essere altrimenti, in un film natalizio), il principale filo conduttore della vicenda è il tormentato primo incontro di una coppia di genitori (Abatantuono e Finocchiaro) con il nuovo fidanzato (Bova) della figlia (Capotondi). A seguito di un incidente il fidanzato ha avuto amputate entrambe le braccia, e i genitori, fino allora sinceramente comprensivi e solidali con i disabili, decidono che la loro figlia non può passare la vita a fare da badante al marito, e cercano di sabotare il rapporto.
Il tema della contrapposizione tra idee liberali finchè restano in astratto e comportamenti opposti quando si è toccati direttamente dal problema non è nuovo, e del resto il titolo del film richiama direttamente e volutamente il famoso "Indovina chi viene a cena" del 1967, dove il motivo del contrasto era la pelle nera del fidanzato. "Indovina chi viene a Natale" non avrà un posto nella storia del cinema pari a quello del suo predecessore, ma può dare il suo piccolo contributo per educare gli italiani ad accettare nella società persone che giustamente vengono oggi definite diversamente abili, piuttosto che disabili. Bova offre in questo senso una prestazione straordinaria (e lo fa davvero lui, senza controfigure o trucchi cinematografici), mostrando come con il giusto allenamento una persona senza braccia può imparare a svolgere con i piedi una serie incredibile di attività.
Non solo risate dunque in questo film (anche se non mancano di sicuro), ma anche un aspetto serio che può far riflettere. Resta semmai la domanda: perchè, quando si vuole perorare la causa del superamento dei pregiudizi, si ricorre sempre all'aiuto della bellezza? Sidney Poitier era sicuramente all'epoca uno dei più begli attori afroamericani; Raoul Bova è uno degli idoli delle donne italiane. Attori bassotti, grassottelli o con visi irregolari avrebbero ugualmente invogliato i razzisti americani ad accettare i matrimoni misti, o gli italiani ad accogliere un genero senza braccia? Probabilmente l'accettazione della diversità senza se e senza ma è ancora merce rara, ristretta a religiosi e angeli del volontariato.
Al di là comunque di queste considerazioni pseudo filosofiche, con "Indovina chi viene a Natale" si passa un'ora e mezza di sano divertimento, ricavandone una grande verità: Babbo Natale, forse, non esiste, ma i parenti, purtroppo, si.
Ugo Dell’Arciprete
Versione stampabileTorna