Collezione Peggy Guggenheim, Venezia fino al 12 ottobre 2008

Coming of Age: arte americana dal 1850 al 1950

  Cultura e società   

La Collezione Peggy Guggenheim presenta fino al 12 ottobre Coming of Age. Arte americana dal 1850 al 1950: la mostra, che si snoda all’interno dei rinnovati spazi espositivi del museo veneziano, prenderà in esame il lungo viaggio intrapreso nel corso di un secolo dall’arte americana, passata tra 1850 e il 1950 da una rappresentazione letterale del particolare all’interpretazione astratta degli ideali universali. Attingendo esclusivamente dalla nota collezione della Addison Gallery of American Art, Andover, MA (USA), i curatori William C. Agee, docente di storia dell’arte presso l’Hunter College, CUNY, New York, e Susan C. Faxon, Direttore associato e Curatore della Addison Gallery, hanno scelto circa settanta opere, tra dipinti e sculture, in grado di rivelare i complessi e contraddittori impulsi che hanno spinto gli artisti d’oltreoceano ad adottare e ridefinire un nuovo linguaggio artistico, un´ espressione “americana” che li identificasse. La mostra, che approda alla Collezione Peggy Guggenheim dopo essere stata ospitata dal Meadows Museum di Dallas, in Texas, e dalla Dulwich Picture Gallery di Londra, è organizzata dall’American Federation of Arts, New York e Addison Gallery of American Art, Phillips Academy, Andover, Massachusetts, dove è stata inaugurata nell’autunno del 2006, e resa in parte possibile dalla Crosby Kemper Foundation, Frank B. Bennett e William D. Cohan, con ulteriore supporto offerto da Philip e Janice Levin Foundation Fund, Collection-Based Exhibitions, dell’American Federation of Arts. L’esposizione gode del patrocinio dell’Ambasciata degli Stati Uniti d’America e del Consolato Generale degli Stati Uniti d’America a Milano. 

 I nobili paesaggi della Hudson River School degli anni ’50 dell’Ottocento, in quanto incarnazioni dell’ottimistico nazionalismo della metà del secolo e dell’inizio di un linguaggio distintamente americano, costituiscono il punto di partenza di questa mostra. Gli artisti della Hudson River School trovarono la propria ispirazione nella terra incontaminata americana, immortalando la grandiosità e la tranquillità della natura, e suggerendo, idealisticamente, la sua abilità nel mostrare la mano divina che la plasmò. Scelsero di rappresentare il paesaggio americano come un territorio illibato, ricolmo di speranze, eliminando, con attenzione, qualsiasi traccia della presenza umana in esso già insidiatasi. Progressivamente, gli artisti d’oltreoceano cominciarono a integrare le influenze stilistiche tipiche dei movimenti europei con tematiche propriamente americane. Ispirati dai pittori francesi che ritraevano scene tratte dalla rigogliosa campagna di Barbizon, i paesaggisti americani come George Inness passarono dalle convenzioni del paesaggio romantico alle raffigurazioni dello spirito della natura che si rivela in tutta a sua imprevedibilità, scegliendo di rappresentare la natura con immagini drammatiche attraverso pennellate più libere e una tavolozza più scura.

Sul finire del XIX secolo, la pittura realistica americana che celebrava la forza della terra e dello spirito locali, coesisteva accanto ad opere che univano influenze impressioniste e post-impressioniste a una tendenza tutta americana a preferire lo specifico all’atmosferico. Al volgere del secolo si creò un insieme ancor più complesso di diversi impulsi artistici: da una parte vi erano gli artisti espatriati, quali John Singer Sargent e James McNeill Whistler, esperti protagonisti della scena artistica internazionale, che realizzavano opere d’ispirazione europea raffiguranti scene del Vecchio Mondo, e dall’altra gli artisti della Ash Can School, tra cui Robert Henri, George Luks e John Sloan, che rappresentavano le strade polverose e gli edifici delle città americane, ma pur sempre con uno stile pittorico che alludeva alla tradizione europea.

Nel corso dei primi decenni del XX secolo si assiste alla nascita del modernismo americano, che proclama New York, e non più Parigi, nuovo centro dell’avanguardia artistica. Quali propugnatori del modernismo americano, Stuart Davis, Man Ray e Patrick Henry Bruce definirono l´astrazione utilizzando audaci forme geometriche e colori per creare una visione americana che derivasse dal Cubismo europeo, mentre Arthur Dove e Georgia O’Keeffe, che insieme ad altri facevano parte del circolo di Stieglitz, optarono per forme e linee riduttive ai fini di creare un modernismo che mantenesse un legame con le forme organiche. Artisti come Charles Sheeler e Edward Hopper preferirono invece raffigurare scene che si ispirassero alla vita cittadina americana, creando così opere in grado di mantenere un legame con il modernismo.

Nel corso degli anni ’30 del Novecento Josef Albers e Hans Hofmann, artisti di formazione tedesca, emigrarono negli Stati Uniti, giocando così un ruolo determinante nel far conoscere a una nuova generazione di artisti le idee di colore, forma, percezione e disegno che avrebbero nuovamente trasformato l´arte americana. I loro insegnamenti prepararono la strada per la comparsa negli anni ´40 di una nuova astrazione non basata sull´oggettività, caratteristica delle opere degli espressionisti astratti quali Franz Kline, Jackson Pollock, e David Smith. Nei lavori astratti e fortemente toccanti di questi artisti venne forgiata una nuova idea di arte americana, un´idea che ruppe il legame con le vecchie tradizioni portando l’arte americana al centro della scena internazionale. 

Nel corso degli anni ’50 l´importanza di New York quale fulcro dell´arte internazionale crebbe grazie ad artisti quali John McLaughlin, Ad Reinhardt e Frank Stella. È proprio con le opere di questi ultimi, che tradussero il modernismo della scuola newyorkese in una maggiore grazia di colori, forme e linee, garantendo all´arte americana una posizione d’avanguardia per i decenni a venire, che si conclude il percorso espositivo.

Grazie alla collaborazione con Vodafone, verrà sperimentato un innovativo servizio di audio-guide sulla mostra scaricabile direttamente sul proprio cellulare: la voce di Philip Rylands, direttore della Collezione Peggy Guggenheim, accompagnerà i visitatori tra i capolavori offrendo così un ulteriore strumento didattico per approfondire i contenuti dell’esposizione. La mostra è inoltre resa possibile grazie agli sponsor tecnici Codess Cultura e iGuzzini. 

Impreziosito dai saggi dei due curatori, William C. Agee e Susan C. Faxon, il catalogo della mostra, nella doppia edizione inglese e italiana, rappresenta un’ottima opportunità storico-artistica per gli studiosi dell’arte americana di conoscere a fondo la collezione della Addison Gallery. L’edizione italiana è pubblicata da Skira.

Nell’ambito degli eventi per le celebrazioni del 60° Anniversario della Collezione Peggy Guggenheim a Venezia, durante il mese di maggio si è tenuto un ciclo di 4 conferenze che hanno indagano le diverse tematiche della mostra. In collaborazione con l’Università Ca’ Foscari di Venezia, gli incontri hanno avuto luogo alle ore 18 presso l’Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti secondo il seguente calendario: mercoledì 7, Giovanni Bianchi (docente di Storia dell’Arte Contemporanea Università Ca´ Foscari): L´arte americana alle Biennali di Venezia (1895-1950); mercoledì 14, Philip Rylands (Direttore Collezione Peggy Guggenheim): Peggy Guggenheim e la scuola di New York; mercoledì 21, Rosella Mamoli Zorzi (docente di Letteratura e Cultura Anglo-Americana Università Ca´ Foscari): Mount Ktaadn tra pittura e letteratura; mercoledì 28, Nicoletta Leonardi (docente di Storia della Fotografia Università di Catania): Natura, tecnologia e visione: l´osservatore come "pupilla trasparente", 1830-1880.

A luglio il giardino della Collezione ospiterà Environments of the American Soul, rassegna di quattro film legati alla mostra, curata da Flavio Gregori, docente di Letteratura e Cultura Inglese, presso l’Università Ca’ Foscari. In analogia con le opere esposte, il filo conduttore delle pellicole saranno gli spazi dell’animo umano, quattro esempi del mondo in cui vive ed è immerso l’uomo (cinematografico) medio, ovvero l’environment del cinema americano, come luogo fisico-topografico e come proiezione del desiderio, dell’ansia, della nostalgia, della speranza, del terrore. Quattro tagli rappresentativi sui modelli morali-materiali dell’animo americano.

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