Una originale mostra in collaborazione con l’Ermitage a Ferrara, Castello Estense

Garofalo

  Cultura e società   

La prima opera del Rinascimento italiano giunta in Russia, all’epoca di Pietro il Grande - sia pure con l’erronea attribuzione a Raffaello – è stata un dipinto del ferrarese Benvenuto Tisi detto il Garofalo: una Deposizione che il cardinal Ottoboni aveva regalato all’agente commerciale dello Zar a Venezia, Petr Beklemisev, e che questi aveva “avuto l’ardire…di umilmente portare” alla Maestà Imperiale. Era il 1720.

 Era quasi inevitabile che la prima mostra realizzata a Ferrara da Ermitage Italia – la filiale italiana del grande museo russo, inaugurata nella città estense il 20 ottobre del 2007, quale importante centro di studi e di ricerche italo russo – fosse dedicata a Garofalo, uno dei principali protagonisti della cultura figurativa ferrarese del Cinquecento, di cui il Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo conserva un importante nucleo di opere e di cui restano testimonianze nei principali musei del mondo.

E’ dunque allestita nelle splendide sale del Castello Estense, fino al 6 luglio 2008, la prima mostra monografica su Benvenuto Tisi (Ferrara 1481 – 1559), curata da Tatiana Kustodieva e Mauro Lucco in collaborazione con Michele Danieli, con il contributo dei direttori scientifici di Ermitage Italia Irina Artemieva e Francesca Cappelletti e del presidente del comitato scientifico della neonata Fondazione Michail Piotrovsky, direttore generale del Museo Ermitage di San Pietroburgo.

Un’occasione importante per fare il punto su un artista in passato sottovalutato dalla critica, ma in realtà già assai apprezzato come “moderno” dal Vasari, per la sua pittura e per il suo stile di vita, e straordinariamente vitale e attivo nella città degli Estensi, che in lui si identifica più che in altri: le sue opere, collocate soprattutto nelle chiese e nei palazzi nobiliari e meno nella corte, furono infatti sotto gli occhi di tutti, entrando presto nell’immaginario collettivo ferrarese.

Molti capolavori di Garofalo si conservano ancora in città – e nell’occasione potranno essere apprezzati in un itinerario tematico che consentirà di vedere anche opere altrimenti non fruibili - ma molti altri, ormai da secoli, hanno lasciato Ferrara, in seguito alla famosa devoluzione del 1598, a svariate vendite e, non ultimo, alle requisizioni napoleoniche. Grazie alla collaborazione con le più importanti istituzioni europee, questi lavori dispersi faranno ora ritorno nella città degli Estensi, ove furono concepiti e ove contribuirono a quel clima di rinnovamento che caratterizzò il ducato nell’ultimo secolo di fulgore. Tornerà dunque anche la Deposizione entrata nelle collezioni dell’Ermitage alla fine del XVIII secolo e con lei, dal museo russo, tre eccezionali dipinti di grandi dimensioni, realizzati da Garofalo negli anni ‘30 del Cinquecento per il perduto convento di San Bernardino: Le nozze di Cana di Galilea, l’Andata al calvario e una strabiliante Allegoria del Vecchio e del Nuovo Testamento di metri 3,18 x 2,57. Quest’ultima tela, specialmente, risulta interessante, non solo perché la composizione è una variante di un affresco di analogo soggetto conservato presso la Pinacoteca di Ferrara, ma anche perché, per più di una cinquantina d’anni, l’opera era rimasta arrotolata e, solo nel 2007, dopo un accurato restauro, è stata pienamente recuperata.

Più che in altre città italiane, attorno alla corte estense si venne miscelando una particolare cultura di intrattenimento, affidata ai voli lirici della fantasia, incantata dalla scintillante bellezza di luci particolari, dai vapori di nebbie, dal godimento di colori e di storie inverosimili ma eccezionalmente fantasiose; un mondo del quale si pretendeva, come ovunque, l’ “imitazione della realtà”, ma che di fatto si declinava come un universo lontanissimo, di sogno, dove tutte le cose impossibili potevano accadere con la più grande facilità, senza alcuno sforzo. In questo sistema Garofalo si direbbe a priori un perdente: addetto al tipo di produzione più consueta, quella di soggetto religioso richiesta dalle chiese e dalle confraternite devote, egli sembrerebbe tagliato fuori da quel tipo di mirabolante narratività, da quella sfrenata fantasia.

Proprio la perfetta fusione tra i modi del Sanzio e di Giorgione sarà uno dei maggiori traguardi di Garofalo, cui tutta la letteratura riconosce il merito di aver trovato una delle più elette e originali sintesi tra la pittura veneta e quella romana.

Di questo godibilissimo pittore dunque, la mostra ferrarese – promossa dal Museo Statale Ermitage, dalla Provincia di Ferrara, dal Comune di Ferrara e dalla Regione Emilia-Romagna, con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara, della Carife e di Hera, con l’organizzazione generale di Villaggio Globale International e catalogo Skira – offre finalmente un volto nuovo, e forse inaspettato, alla luce dei più recenti studi e dell’attenta revisione dei documenti originali confluita nel corposo regesto del catalogo.

www.mostragarofalo.it

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