La Calabria non finisce mai di stupire, terra di una bellezza unica mista a problemi che ben conosciamo, nonostante questo la Cultura, l’Arte hanno sempre fatto emergere Donne e Uomini impegnati a darle un volto che merita.

Il Monaco La Croce e La Spada: l’Autore Giovanni Cristofalo, ci accompagna alla scoperta di una Calabria Medievale

  Cultura e società   

La voglia di continuare a proporla mi ha condotto in una Calabria poco esplorata, la fortunata conoscenza, quasi per caso, del Prof. Giovanni Cristofalo, mi ha accompagnato alla scoperta di un percorso ancora non terminato, il quale sicuramente affascinerà anche voi.

Si definisce uomo di cultura prestato alla politica, ricercatore e sognatore, autore del saggio “Il Monaco La Croce e La Spada”, trattasi di un libro documento sull’Ordine dei Templari.

L’interesse giornalistico, mi è scattato quando ho scoperto che il libro è al centro di uno studio di tanti addetti a questo filone storico, specialmente in campo internazionale ha attratto la curiosità di molti studiosi, i quali continuano a seguirne l’evoluzione.

Attorno ai Templari sono fiorite nel corso dei secoli varie leggende: Ma in realtà chi erano i Cavalieri Templari? Sicuramente uno degli ordini religiosi cavallereschi medievali più antichi d’Europa che riuniva i “Poveri compagni d’armi di Cristo”. Nacquero intorno all’anno mille, all’epoca delle crociate, per difendere il cammino dei pellegrini dalle scorrerie dei predoni musulmani e preservare i luoghi sacri della cristianità a Gerusalemme. I suoi membri fecero voto di povertà ma, nel corso degli anni e grazie alle donazioni di principi e potenti, divennero invece ricchissimi, e questo attirò su di loro l’invidia del re di Francia Filippo il Bello nel 1307, che li accusò di eresia, sodomia, tradimento, avidità e idolatria. Centinaia di Templari furono fatti arrestare, torturare e condannare al rogo. L’Ordine fu sciolto dopo un drammatico processo, tra il 1312 e il 1314, Papa Clemente V fu l’autore della bolla Ad Providam, la quale ne determinò l’emarginazione sociale e strutturale in ogni sua componente.

Professore Cristofalo il suo Libro-Documento appassiona tanti per molti aspetti, qual è stata la scintilla che le ha dato la voglia di scriverlo?

Prende spunto da una croce bivalve reliquario del XI°secolo prodotta in Terrasanta e rinvenuta all’interno di una tomba monumentale nella necropoli di Pauciuri, piccola contrada situata nel comune cosentino di Malvito dove molto probabilmente venne sepolto un personaggio di grande rilievo religioso e storico.

Perché parla di Croce Templare, da cosa lo deduce?

Da alcuni simboli. Nella croce sono visibilmente stilizzati epigrafe e figure che rimandano in modo inconfutabile alla cultura templare. Ad esempio, si legge il nome Giovanni, scritto in alfabeto greco bizantino, che si richiama al culto che i templari nutrivano per San Giovanni Battista. L’oggetto sacro modellato in Terrasanta presenta uno schema di “Croce Greca”, a profilo diritto e con l’asse trasversale più corto e mostra su una faccia l’incisione della “Croce Patente” che è stata interpretata pure come “Croce di Malta” con una forte connotazione, quindi, alla simbologia dei Crociati e nello specifico ai Templari. Come è noto la Croce Patente è uno degli emblemi sacri più cari ai templari e fu adottata dai Monaci Cavalieri su concessione di Papa Onorio III. Posso ancora dire che la croce di Pauciuri sul recto è incisa con un motivo “a spina di pesce” il cui alveolo, dov’era riposta la reliquia di un pezzettino della Vera Croce di Cristo, porta intarsiato quattro foglioline che la qualificano come una “Croce fogliata”, cioè rientrante nell’iconografia dell’Albero della Vita che è un elemento tanto caro ai vari ordini templari. Oltretutto il Prof. Leonardo Iozzi, decano degli storici calabresi, in un suo saggio ci informa dell’esistenza di una presenza templare a Malvito attorno all’anno 1200 dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme e che proprio detta presenza portò alla nascita del Casale di Hospitale. Gli adepti di questo Ordine assistevano ed ospitavano i pellegrini diretti in Terrasanta.

Assodato, da quello che dice, che possa trattarsi di una Croce templare cosa lo ha spinto a credere che la tomba possa appartenere proprio al monaco Ursus, che secondo molti è un personaggio più leggendario che storico? Qualcuno sostiene anche che la croce risale al VII°- VIII° secolo e che sia appartenuta ad un vescovo della scomparsa diocesi di Malvito. Cosa risponde?

Iniziamo dal monaco Ursus che non è affatto un personaggio leggendario, semmai è un personaggio poco conosciuto. Ci sono diverse testimonianze che convergono sulla storicità di questo personaggio ad iniziare dalle carte latine pubblicate dal Pratesi, precisamente nel documento n° 2 datato 31 marzo 1065, dove il monaco al seguito del vescovo di Malvito Lorenzo si sottoscrive come “eius Urso” che è una variabile di Ursus. Ursus probabilmente fu Priore di un Monastero di Malvito.

Altra testimonianza preziosa è quella di Giles D’Orval, uno storico francese che visse nella prima metà del tredicesimo secolo. Giles attingendo su documenti antecedenti narra che un gruppo di monaci calabresi guidati da un certo Ursus fondarono l’Abazia Cistercense di Orval in Belgio.

Gli elementi architettonici di questa Abazia, guarda caso, sono simili a quella della Matina dove probabilmente si formò Ursus. Gli stessi monaci trasmigrarono poi in Terrasanta e furono i precursori del famigerato “Priorato di Sion” Inoltre non può essere una casualità la lettera “U” lievemente incisa sulla croce rinvenuta nella tomba monumentale di Pauciuri, quasi come se qualcuno avesse voluto frettolosamente dare una identità all’inumato. Altri importanti indizi ci vengono forniti dalla Platea di Santa Maria della Consolazione di Altomonte del 1486 dove i monaci Domenicani rivendicano una proprietà terriera nella vicina Malvito chiamata appunto “Ursus Bauczuri” dove Bauczuri sta per Pauciuri. È significativo sottolineare inoltre che nello stesso convento Domenicano di Altomonte, nel 1588, venne esiliato il grande filosofo ed eretico Tommaso Campanella che essendo a conoscenza di qualcosa che doveva essere molto importante (e che non fece in tempo a svelare) coniò la celebre frase sibillina “Propeter Sion non tacebo” (su Sion non tacerò). Ed è significativo che nella Chiesa di Santa Maria della Consolazione di Altomonte è conservata la scultura di un piccolo Orso proveniente dal Convento Domenicano.

Potrei parlare di tante altre cose che rafforzano la presenza e la storicità, direttamente o indirettamente, di questo personaggio nel territorio bagnato dal fiume Esaro, ad iniziare da Boemondo, figlio di Roberto il Guiscardo, cresciuto a San Marco Argentano che partecipò alla prima Crociate e che fu poi insignito del titolo di Principe di Antiochia, che guarda caso è proprio l’area geografica da dove proviene la Croce rinvenuta a Pauciuri. Così pure potrei parlare del Monastero di Santa Maria de Ligno edificato a Malvito dove si custodiva e si venerava una preziosa reliquia della Vera Croce. Questo Monastero, tra l’altro, era prospicente alla cosiddetta località “Timpa dell’Orso”, nella cui cavità venne ritrovata negli anni 40 un grosso macigno bianco con inciso un graffito di una croce dipinta in rosso ocra. Contigua alla Timpa dell’Orso” troviamo la località oggi denominata “Peiorata” ma che agli inizi del secolo scorso in documenti dell’archivio comunale figurava con il nome di “Priorato” oppure con l’appellativo di “Terra del Priore.”

Per quanto riguarda La croce di non è del VII-VIII secolo bensì del XI- XII sec. Un grossolano errore. È vero che questo oggetto sacro prodotto in Terrasanta porta stilizzato la figura di un importante personaggio ecclesiastico che, comunque, non ha niente a che vedere con un vescovo della scomparsa diocesi malvitana, indicato addirittura con il nome di Giovanni. Nella cronotassi dei vescovi malvitani non compare nessun presule che porta questo nome. Poi mi chiedo: perché andare a seppellire un vescovo a Pauciuri e non nella Cripta della Chiesa vescovile dov’erano sepolti tutti gli altri vescovi malvitani? D'altronde, se dovessimo accettare questa datazione, neppure esisterebbe la diocesi malvitana in quell’epoca. Il primo documento che la menziona, infatti, è un privilegio di Benedetto VII, sottoscritto dal pontefice nel giugno del 983 come viene riportato dal “Regesto Vaticano per la Calabria” redatto da Padre Francesco Russo.

Il nome Giovanni impresso sulla croce, sempre a mio modestissimo avviso, dovrebbe richiamarsi invece al culto di San Giovanni Battista, un santo molto caro ai Templari come ho già avuto modo di dire. Se non basta la mia parola che ha, perdonatemi l’immodestia, titoli e competenze per poterlo affermare consiglio la lettura del saggio scritto dall’insigne storico dell’Arte Prof Giorgio Leone “Le testimonianze figurative: gli encolpi cruciforme.” Atti del Convegno (Rende 23-25 novembre 2000), a cura di Giovanna De Sensi Sestito. Soveria Mannelli, Rubbettino, 2008, pp. 639-702 che non lascia ombre di dubbio sulla precisa datazione del reperto riaffiorato a Pauciuri. Se poi non si è ancora convinti si può consultare la corposa relazione eseguita prof. Francesco Mallagni, paleoantropologo docente universitario presso il dipartimento di Scienze Archeologiche di Pisa e Siena ed uno dei maggiori esperti a livello mondiale in questo campo, dal titolo “La necropoli medievale di Pauciuri (Malvito, CS). Studio paleo biologico dei resti scheletrici umani”. Secondo il noto cattedratico i resti scheletrici ritrovati a Pauciuri sono, allo stato attuale, tutti classificabili tra il IX e XII secolo d.C. Appare pertanto irrazionale e bizzarro pensare che nella tomba monumentale di Pauciuri sia stata prima deposta la croce e successivamente, (molto successivamente quasi trecento anni dopo) il defunto.

Il monaco, la croce … e perché la spada?

Perché Papà Urbano nel novembre del 1092 incontra presso l’Abazia della Matina il vescovo ed il clero malvitano per annunciare “la prima Santa Crociata in Terrasanta” con lo scopo di liberare Gerusalemme dagli infedeli musulmani.” La Prima Crociata, secondo le cronache dell’epoca, provocò la morte di oltre 70.000 persone. Probabilmente un ruolo importante lo ebbe anche Ursus che fu sicuramente precettore di Boemondo, che, come ho ricordato, divenne dopo la conquista di Gerusalemme Principe di Antiochia. La spada assurge quindi a simbolo del potere temporale e denota il carattere militare che fu uno degli aspetti sicuramente non marginali dei monaci guerrieri.

La sua disamina storica fa emergere una verità certamente ancora da approfondire, ma reale.

Ha comunque dimostrato che la Calabria è veramente tutta da scoprire, “forse” con una maggiore attenzione a questa terra darebbe tante belle soddisfazioni, l’esempio del suo lavoro dimostra che la materia prima esiste, bisogna solo crederci.

Giuseppe Spinelli

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