Motore Sanità: Sfida alla depressione maggiore in Lombardia

26/11/2016

Lunedì 21 novembre 2016, a Milano, presso il Belvedere Enzo Jannacci del Palazzo Pirelli, si è svolto il convegno “Sfida alla depressione maggiore in Lombardia- Stato dell’arte”, organizzato da Motore Sanità per sensibilizzare le istituzioni e tutti gli interlocutori coinvolti in modo da giungere alla definizione di un Piano d’Azione in grado di garantire ai pazienti l’accesso a una diagnosi precoce, ad appropriati percorsi terapeutico assistenziali e ad un’efficace rete di servizi territoriali.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha comunicato, con le sue stime epidemiologiche, che la depressione, che oggi colpisce 33 milioni di europei, è in continua e costante crescita e che potrà diventare, entro il 2020, la seconda malattia più invalidante al mondo e, entro il 2030, la più frequente e diffusa patologia cronica.

Il costo drammaticamente in ascesa di questa malattia, che corrode il funzionamento individuale e sociale della persona, riducendo la capacità di interpretare un ruolo “normale” nelle diverse attività in ambito familiare, socio‐relazionale e lavorativo, spinge a tenere alta l’attenzione sul tema e ad individuare le strategie più efficaci per combattere i pregiudizi, superare lo stigma e la discriminazione e garantire un adeguato e tempestivo accesso alle cure.

Molteplici possono essere le cause della patologia depressiva, sostanzialmente individuabili in fattori ambientali, biologici, di predisposizione genetica, personologici, da stress, da malattie organiche e da farmaci. Non vi è quindi un unico fattore determinante quanto una combinazione di più concause.

Una recente stima europea indica che la prevalenza annuale di disturbi mentali stimata in Europa è del 38,2%. Controllato per età e comorbidità, questo corrisponde a 164,8 milioni di persone affette. Recenti studi indicano che la patologia depressiva presenta livelli di prevalenza in Europa di circa il 13% nella popolazione generale. Il sesso femminile presenta un rischio di sviluppare il disturbo doppio rispetto al sesso maschile.