Shakespeare entra in carcere e ancora una volta si fa nostro contemporaneo

Cesare deve morire di Paolo e Vittorio Taviani

  Cultura e società   

La docufiction segue le prove e la messa in scena finale del "Giulio Cesare" di Shakespeare, nel teatro sito all’interno del carcere romano di Rebibbia, a cura del regista Fabio Cavalli, autore di versioni di classici shakespeariani interpretate dai detenuti.

I detenuti/attori rientrano nelle loro celle. Sei mesi prima: il direttore del carcere aveva esposto il progetto teatrale dell’anno ai detenuti che intendono partecipare. Ai provini ogni aspirante attore declina le sue generalità con due diverse modalità emotive. Completata la selezione, vengono assegnati i ruoli ed ognuno dei detenuti impara la sua parte nel proprio dialetto di origine …

I fratelli Taviani scelgono la strada del work in progress e ci mostrano come il teatro possa rappresentare un ottimo strumento per il percorso volto al reinserimento del detenuto.

Ogni detenuto ci mette la sua faccia ed anche la sua fedina penale, che appare sovrascritta sullo schermo, e ritrova se stesso nelle parole e nelle frasi scritte centinaia di anni fa, ma divenute più vicine grazie all’uso dell’espressione dialettale, come se le battute sgorgassero dal suo intimo: Giovanni Arcuri, ad esempio, è se stesso ma anche Cesare,  Striano è l’ex detenuto ed ora è Bruto.

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