Il Presidente, Matteo Piovella, sottolinea gli avanzamenti di tecniche e materiali, ma denuncia le restrizioni delle risorse che penalizzano i pazienti

L’oftalmologia italiana: risorse e problemi

  Salute  

Corre su un doppio binario l’oculistica italiana. Da un lato potenzialità di alto livello, sostenute da un continuo aggiornamento su tecniche e tecnologie; dall’altro una politica sanitaria che penalizza già ora l’utente, con scelte di risparmio non condivisibili e che trascura anche il domani, senza prevedere tempi e modi di un adeguato ricambio generazionale.

Una dicotomia che emerge chiaramente dalle parole con cui Matteo Piovella, Presidente della SOI (Società Oftalmologica Italiana), ha presentato il 9° Congresso internazionale, svoltosi dal 18 al 21 maggio a Roma.

82 sessioni di lavoro e tre giornate dedicate ad altrettante aree oculistiche cruciali: la cornea, la retina e l’appuntamento congiunto con gli specialisti Usa, per una lunga diretta in collegamento con le sale operatorie dell’Ospedale Britannico San Giovanni di Roma. - esordisce Piovella - Da citare sono senz’altro gli avanzamenti nella tecnica chirurgica della cataratta, che ogni anno in Italia viene applicata su 500.000 persone, ed è diretta a correggere le opacizzazioni del cristallino. Si è parlato anche del femtolaser, che sarà introdotto prossimamente, la nuova tecnologia in grado di produrre ulteriori miglioramenti dovuti a maggior precisione e riproducibilità. Durante la sessione di chirurgia in diretta, è stata mostrata la tecnica che permette la riduzione delle incisioni a soli 2,2 mm, con la ovvia diminuzione dell’invasività e l’aumento della sicurezza del paziente. Ricordo che negli ultimi 20 anni si è passati da una apertura incisione dell’occhio di 12 millimetri ai significativi risultati di oggi anche se le dimensioni di operatività di un cristallino artificiale  dovrebbero prevedere un’incisione minima di 6,5 mm. Ma tutto ciò presuppone strumentazioni (iniettori) e materiali (cristallini artificiali flessibili e resistenti, per adeguarsi all’esiguità dell’accesso) adeguati, oltre a una manualità del chirurgo oftalmologo acquisita e mantenuta sul campo.

Di ultima generazione e già disponibili sono intanto i cristallini che non necessitano nel post-operatorio di occhiali per vicino, o per lontano. Piovella denuncia una realtà complessa che non viene incontro alle aspettative dei pazienti: Oggi il 30 per cento dei pazienti potrebbe utilizzare cristallini con tecnologia complessa in grado di rendere superfluo l’utilizzo di occhiali. Tutti i rimborsi DRG regionali per far fronte a tutti i costi dell’intervento di cataratta non vanno oltre i 900 euro (in Puglia c’è stato addirittura un dimezzamento da 1400 a 750 euro, deciso per far fronte all’indebitamento regionale). Tali cifre sono inadeguate se pensiamo che il cristallino “personalizzato” costa 700 euro. E’ evidente che in queste condizioni si procederà ad impiantare cristallini artificiali di ottima qualità e tecnologia ma non gli ultimi arrivati. Una soluzione virtuosa potrebbe essere la compartecipazione del paziente alla spesa. Purtroppo ragioni meramente politiche fanno si che da ben 15 anni non si è stati in grado di finalizzare una soluzione positiva per tutti. Nessun responsabile della Sanità ha finora voluto assumersi l’impegno di deliberare su questo punto – sostiene  Piovella – con grave penalizzazione per i pazienti. A questo punto ritengo che, più di noi oftalmologi, potrebbero risolvere questo stallo i cittadini, con una importante azione di pressione sul Ministero della Salute: ovviamente per tutto questo è indispensabile una capillare informazione di tutte le opportunità perse. Non è il solo tema dolente che Piovella mette sul tappeto: La contrazione delle risorse pubbliche costringe già molte équipe a non utilizzare materiali monouso che ovviamente hanno un costo più elevato. Non solo: è prassi comune in molti Ospedali escludere la presenza dell’anestesista nel corso dell’intervento, riducendo gli standard di sicurezza del paziente che va ricordato, nella maggioranza dei casi ha più di 70 anni. - sottolinea Piovella - Il futuro dell’oftalmologia italiana dovrà intanto fare i conti anche con il ricambio generazionale: Nel 2018 il 25 per cento degli oftalmologi del Ssn sarà pensionabile, perché avrà raggiunto i 65 anni. La SOI propone il mantenimento in servizio fino a 70 anni per dare al sistema il tempo per un cambio generazionale meno traumatico ed in grado di far fronte alle esigenze dei pazienti. Una necessità ineludibile, se si pensa che attualmente sono 25 milioni gli italiani che soffrono di difetti visivi e che, dopo i 45 anni, tutti sono destinati a non avere più una corretta visione per vicino. Non soltanto: la professione medica in generale, compresa quindi l’oculistica, è sempre più femminile. E questo è un dato sicuramente positivo, anche se le estremizzazioni sono sempre da evitare: purtroppo però la realtà certifica che sono poche le donne che scelgono la specializzazione chirurgica, perché questa penalizza fortemente la vita familiare ed oggi significa una assunzione non più protetta di responsabilità. Trovare un correttivo è indispensabile, perché i numeri della chirurgia oculistica sono destinati ad aumentare e di molto, considerando il previsto incremento della popolazione anziana e le nuove conquiste mediche che permettono di intervenire dove prima era impossibile: restando alla sola cataratta, basta pensare che, trattandosi di un fenomeno correlato all’età, 3 persone su 4 a 70 anni sono penalizzate da una diminuzione della vista e che il 30% delle persone sopra i 75 anni soffrono di una maculopatia che non gli permette di poter leggere un normale estratto conto bancario.

 Versione stampabile




Torna