In mostra presso la Fondazione Antonio Mazzotta di Milano fino all’ 8 giugno 2008 nuova mostra antologica di Gianluigi Brancaccio curata da Luciano Caramel

La voluttà inquieta. Gianluigi Brancaccio

  Cultura e società   

Dopo una prima sezione dedicata alle opere degli esordi (Maria Teresa Guelfa, 1953 e Paesaggio urbano, 1957) la rassegna presenta due importanti dipinti del 1961, Toilette e Omaggio alla luna, che segnano l’uscita del giovane artista dal diramato apprendistato degli anni cinquanta. Quando, nipote di Giovanni Brancaccio, appena ventenne e interessato al clima dell’astrattismo e del razionalismo conosciuto direttamente a Como, dove viveva dal 1945, era stato soprattutto influenzato dagli echi del novecentismo sironiano, che lo attraevano per la loro sintesi formale, e poi dalle scomposizioni del neocubismo, che gli consentirono una maggiore libertà compositiva.

Di quei fertili anni sessanta, in mostra ritroviamo un bellissimo e sensuale dipinto del 1963, Abbraccio, il magico Nudo sulla spiaggia del 1965 e Paesaggio urbano del 1969. C’è poi una pausa, o meglio una rarefazione produttiva, anche per l’intensificarsi di altri interessi, nell’impegno artistico di Brancaccio, che solo alla fine degli anni novanta si applica di nuovo intensamente alla pittura con esiti di grande qualità. È appunto la produzione degli anni 1999-2006 che consente di capire meglio i dipinti recenti, con ricadute anche sul lavoro precedente, anche per questo ripresentato in mostra a Milano Protagonista continua ad essere spesso il nudo femminile, fin dall’Estasi di Zadkine, del 1997, l’anno di avvio della nuova stagione. Segnato da brividi di sensualità che dal 2000 si legheranno alla ripresa di uno spessore mitologico (in Leda e il cigno e in Ratto d’Europa, ad esempio, rispettivamente del 2002 e del 2003), ma anche alla dilatazione nel sogno (che dà anche il titolo a un quadro del 2000). Venata di inquietudine anche La danza del 2003, alla quale fanno da contrappunto le leggere, gioiose scene di acrobati e giocolieri (Acrobates e Giocoliere, del 2004, Giocolieri, del 2005), mentre ripropongono il lato più pensoso, sempre in un dialogo tra fattori solo apparentemente contrapposti della vita, l’Autoritratto totemico del 2002, certo non narcisista, e forse apotropaico, come l’evocazione, in un forte disegno ad inchiosto di china su carta, di uno Stregone africano tutt’altro che rassicurante.

Aspetti tutti che, appunto, l’ultima produzione continua e accentua con soluzioni formali anche inedite e in genere di forte espressività, frutto anche, nel segno incisivo e nei contrasti luce-ombra e pieno-vuoto, della coeva attività grafica, affinata alla scuola dell’Atelier Lacourière Frélaut di Parigi.

La creatività del Brancaccio ultimo e la sua efficacia espressiva sono esemplificate molto bene in mostra da alcuni dipinti quali Poupée, di quest’anno, o da alcune opere dell’anno scorso, le due Baccanti, Passione arcana e Cina.

Poupée non a caso è stata scelta come immagine guida della mostra. Significativa, e tutt’altro che usuale, è la metafora del soggetto, una bambola rotta come schiacciata sul terreno dopo una caduta, con un braccio e una gamba spezzati e la testa innaturalmente rovesciata. Nella sua reticenza allusiva sostituisce la figura umana, aggiungendo senso a senso. E di grande presa percettiva e di conseguenza emotiva è il taglio dell’immagine, in diagonale, di scorcio, incombente in primo piano, che ti aggredisce in un impatto diretto.

Gianluigi Brancaccio è nato il 29 febbraio 1936 a Olivetta San Michele (Imperia). All’età di nove anni si trasferisce con la famiglia a Como dove, durante gli anni del liceo, è allievo di Alfonso Salardi che lo avvicina alla pittura. Frequenta la Scuola di Belle Arti guidata dal pittore Aldo Galli e da Alfonso Salardi ed entra in contatto con l’ambiente artistico com’asco dove conosce i pittori astrattisti: Radice, Rho, Badiali e Aldo Galli. Soggiorna nei mesi estivi nell’Isola di Capri ospite dello zio Giovanni Brancaccio, allora Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Napoli e noto pittore del Novecento italiano. Durante i soggiorni capresi, molto importanti per la formazione della propria coscienza artistica, frequenta Carrà, Prampolini, Gentilini, Saetti e molti altri importanti pittori del Novecento. Terminate le scuole medie superiori si iscrive al Politecnico di Milano, continuando a dipingere e a partecipare a mostre collettive. Si laurea in ingegneria chimica e inizia un’importante esperienza professionale, presso una società multinazionale, venendo trasferito in diverse sedi in Italia e all’estero. Parallelamente all’attività professionale, non trascura alcuna occasione di approfondimento artistico e culturale che gli viene offerto nelle città in cui opera: così in Olanda conosce la pittura del gruppo COBRA, seguendo, in particolare Appel, Corneille e Lucebert che incontra personalmente e a La Spezia diviene amico del pittore Pino Saturno. Dal 1973 risiede definitivamente in Italia, a Genova dove la sua vita professionale nel 1985 ha una svolta determinante. A metà degli anni Novanta comincia a frequentare gli ambienti artistici parigini dove acquista una casa, dando nuovo impulso alla sua attività pittorica. Frequenta l’artista André Verdet, protagonista della cultura e della pittura francese del ´900, e viene da lui incoraggiato nel suo percorso artistico. Inizia a dedicarsi all’attività incisoria e frequenta l’Atelier Lacourière Frélaut di Montmartre dove nel 2004 espone la sua prima mostra di arte grafica.

Nel 2006 ha tenuto due importanti mostre personali presso il Castello della Lucertola ad Apricale (Imperia) e presso Palazzo Robellini ad Acqui Terme.

Nel catalogo della mostra, a cura delle Edizioni Gabriele Mazzotta, oltre a 110 illustrazioni di cui 60 a colori, un interessante studio di Luciano Caramel e presenta l’autore e la sua ope

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