Il film è l’unico prodotto italiano in concorso al Festival di Cannes

Vincere, regia di Marco Bellocchio

  Cultura e società   

Il film, una continua contaminazione della finzione con il repertorio, si intitola Vincere, come la parola d´ordine del protagonista, il Duce Benito Mussolini (Filippo Timi). E come la volontà invincibile della protagonista, Ida Dalser (Giovanna Mezzogiorno), l´amante e forse moglie di Mussolini, che gli diede il primo figlio maschio, Benito Albino, e che per questo fu perseguitata dal regime, che la considerava una minaccia.

Marco Bellocchio affronta la figura del Duce: il Duce è un "essere per la morte", un calcolatore cinico disposto a passare sui cadaveri. Il Mussolini del mio film ricorda l’Alessandro dei Pugni in tasca, che si "realizza" uccidendo madre e fratello. Ciò non toglie che il Mussolini storico ebbe un consenso straordinario. – prosegue Bellocchio - E la gran parte dell´ Italia si specchiò in lui. Maestri, impiegati, piccolo borghesi si riconobbero nel Duce e lo adorarono; e lui fu di volta in volta uno di loro, maestro, poeta, soldato, contadino, padre affettuoso, marito, amante. Quando volle fare di sé un Cesare o un Alessandro Magno cominciò la sua fine. Ma fino ad allora la grande maggioranza degli italiani sono stati fascisti; per questo, quando il fascismo cadde, lasciò dietro di sé un popolo sfiduciato, qualunquista, rassegnato a non credere in nulla. Un po´ come è accaduto ai postcomunisti dopo il crollo del marxismo. Ovviamente ci furono eroi che al fascismo si opposero. E anche la donna del mio film ebbe il coraggio di tenergli testa. Al Duce, che l´aveva amata e abbandonata, Ida Dalser non si piegò mai. Fu ribelle sino alla fine. Quasi un´Antigone, un´eroina da tragedia greca.

Il film comincia con un episodio accaduto in Svizzera, ma ambientato nel film a Trento nel 1909: la Dalser si affaccia in una sala dove si combatte uno di quei duelli verbali, che, all´epoca, molto diffusi tra un prete e un socialista ateo. Il giovane Mussolini, da istrione qual è, chiede agli spettatori un orologio da taschino, lo poggia sul tavolo e proclama: Se Dio entro cinque minuti non mi avrà fulminato, avremo la prova che non esiste. In un’altra scena del film c´è anche il duello, non metaforico, con Claudio Treves, con il Duce che pur ferito si ferma a verificare che gli arbitri scrivano fedelmente il verbale del combattimento e del suo comportamento coraggioso, per poi pubblicarlo sul Popolo d´ Italia.

Per lui, per finanziare la fondazione del Popolo d’Italia, il giornale che diventerà il nucleo del futuro Partito Fascista, Ida vende tutto: appartamento, salone di bellezza, mobilio, gioielli. Ida rimane incinta, forse Benito l´ha pure sposata. Il giorno prima di partire per il fronte, lui la porta al cinema. Al cinegiornale scorrono le immagini della guerra, il pianista suona l´inno di Garibaldi, i nazionalisti cominciano a cantarlo e Benito si unisce al coro. I socialisti reagiscono, scoppia una rissa e Ida si lancia in sua difesa nonostante sia al settimo mese di gravidanza. Da quel momento Benito Mussolini scompare dalla vita della donna. Ida lo rivede solo in un ospedale militare, immobilizzato e accudito da Donna Rachele (Michela Cescon), appena sposata con rito civile: furente si scaglia contro la rivale rivendicando di essere lei la vera moglie, di avergli dato un figlio, ma viene allontanata a forza ... Nella seconda parte del film Mussolini si vede solo al cinema nei cinegiornali Luce.

Disconosciuta, sorvegliata, pedinata, nel 1926 Ida viene arrestata e rinchiusa prima nel manicomio di Pergine, vicino a Trento e poi in quello di San Clemente, su un´isola di fronte a Venezia. Ida va continuamente al cinema per avere notizie di Mussolini: nella vita non lo vede più, ma per tutta la vita continua a rivendicare la sua storia, di essere stata la moglie – ma i documenti del matrimonio spariscono - e di essere la madre del primogenito del Duce - che venne educato in un collegio dei Barnabiti, poi arruolato in marina, sempre sotto la stretta sorveglianza della polizia politica, infine internato nel manicomio di Milano Mombello dove morì il 26 agosto 1942. Di entrambi non esiste più nemmeno la tomba. I loro corpi furono gettati nelle fosse comuni.

Il film si chiude con la Liberazione e la campagna elettorale per il referendum sulla monarchia.

Ancora una volta troviamo una magistrale Giovanna Mezzogiorno.

Il film è una coproduzione italo-francese Rai Cinema, Offside e Celluloid Dreams, prodotto da Mario Gianani con il contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, di Eurimages, della Provincia Autonoma di Trento, di Trentino Spa, della Film Commission Torino Piemonte, in collaborazione con l’Istituto Luce che ha fornito i materiali di archivio.

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